breve rassegna delle massime inerenti l’oggetto

 

Ai sensi degli articoli 21, comma 1, lett. a), e 22 del Dlgs 10 febbraio 2005, n. 30, un segno distintivo costituito da un nome anagrafico validamente registrato come marchio non può essere, di regola, adottato, in settori merceologici identici o affini, né come marchio, né come denominazione sociale, salvo il principio della correttezza professionale, neppure dalla persona che legittimamente porti quel nome, in quanto, nell’ambito dell’attività economica e commerciale, il diritto al nome subisce una compressione ove sia divenuto oggetto di registrazione ad opera di altri. Ne consegue che non è conforme alla correttezza professionale l’inserimento, nella denominazione sociale, del nominativo di uno dei soci, coincidente con il nome proprio precedentemente incluso in un marchio registrato da terzi, che non sia giustificato dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all’attività, ai prodotti o ai servizi offerti, la cui ravvisabilità non può consistere nella sola circostanza che il nome sia patronimico di un socio.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 25 febbraio 2015 n. 3806
In materia di marchi, ai sensi dell’articolo 21 del Dlgs 10 febbraio 2005 n. 30, l’utilizzazione commerciale del nome patronimico, corrispondente al marchio già registrato da altri, non può avvenire in funzione distintiva, ma solo descrittiva, in quanto l’avvenuta modifica normativa, rispetto alla previsione dell’art. 1-bis del r.d. 21 giugno 1942, n. 929 (con la soppressione dal testo normativo delle parole «e quindi non in funzione di marchio, ma solo in funzione descrittiva»), lascia ferma la necessità che l’uso del marchio debba essere conforme ai principi della correttezza professionale.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 14 marzo 2014 n. 6021
Ai sensi dell’art. 1-bis del r.d. 21 giugno 1942, n. 929, in materia di marchi registrati (nel testo aggiunto dall’art. 2 del d.lgs. 4 dicembre 1992, n. 480), l’utilizzazione commerciale del nome patronimico, deve essere conforme ai principi della correttezza professionale e, quindi, non può avvenire in funzione di marchio, cioè distintiva, ma solo descrittiva, in ciò risolvendosi la preclusione normativa per il titolare del marchio di vietare ai terzi l’uso nell’attività economica del loro nome; ne consegue che sussiste la contraffazione quando il marchio accusato contenga il patronimico protetto, pur se accompagnato da altri elementi.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 29 dicembre 2011 n. 29879
E’ da escludere che il marchio costituito dall’uso di un patronimico possa essere considerato di per sé debole, sempre che il nome utilizzato non abbia alcuna relazione col prodotto e non venga usato nella consuetudine di mercato per designare una categoria di prodotti, non potendosi negare il carattere forte del marchio in relazione al grado diffusione del nome.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 29 dicembre 2011 n. 29879

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