Uncategorized / 9 Maggio 2017 / by Vincenzo Vinciguerra

Contraffazione e danno all’immagine

Nell’accordare tutela a “Falabella”, la borsa cult della stilista inglese Stella McCartney (figlia del celebre Paul, cantante dei Beatles), copiata, e quindi contraffatta, da un marchio italiano senza però utilizzare prodotti ecosostenibili ma pelle animale, il Tribunale di Milano, Sezione specializzata per l’impresa, con una innovativa sentenza del 9 marzo scorso, ha riconosciuto, oltre la contraffazione, un indennizzo di 30 mila euro per il solo danno all’immagine della griffe. È scattata così la tutela risarcitoria anche per il messaggio ambientalista dovuta per il mancato uso di materiale «ecofriendly».

Il Collegio ha disposto la condanna della convenuta a risarcire 110mila euro totali, di cui 80mila per danno patrimoniale, pari al beneficio realizzato tramite la vendita di circa 1.200 borse contraffatte, ed altri 30 mila per il danno non patrimoniale. Infatti, spiega la sentenza, «è indubbio che la reputazione commerciale della società attrice sia stata compromessa dalla presenza sul mercato di prodotti simili ad un prezzo significativamente più basso». «Ma – prosegue – quel che più rileva è il discredito che deriva alla società attrice dalla circostanza che, di fatto, attraverso la vendita delle borse di pelle di produzione cinese, risulta tradito, agli occhi dei consumatori, il messaggio ambientalista di cui il brand si è fatto portatore, escludendo dalla propria produzione qualsiasi materiale di origine animale e investendo nella ricerca di materiali alternativi ecosostenibili». E, continua, «l’operazione realizzata dalla società convenuta è tale da compromettere l’immagine di impresa “ecofriendly” e rispettosa degli animali che riflette i principi etici cui l’azienda si ispira e di cui si fa vanto».

Il Tribunale, preliminarmente, aveva rigettato l’eccezione di incompetenza della convenuta, applicando il principio per cui «le azioni fondate su fatti che si assumono lesivi del diritto dell’attore possono essere proposte anche dinanzi all’autorità giudiziaria dotata di sezione specializzata nella cui circoscrizione i fatti sono stati commessi». Nel caso di specie, la condotta illecita è stata posta in essere nel negozio della convenuta a Cernusco sul Naviglio.

Quanto alla contraffazione, per il Collegio, dall’esame dei due modelli messi a confronto, «risulta evidente che la borsa commercializzata dalla lmax costituisce l’esatta riproduzione del modello “Falabella” in ogni sua caratteristica peculiare, sia nella forma trapezoidale, sia nel particolare della catena dalla forma sfaccettata che segue tutto il bordo della borsa e che è fissata alla stessa da una cucitura a vista». Mentre «la circostanza che il materiale utilizzato sia di natura diversa da quello utilizzato dalla società attrice, che per scelta etica non realizza i suoi prodotti in pelle ma si avvale esclusivamente di materiale ecosostenibile, non vale ad escludere la contraffazione».

Non solo, la consapevolezza di commercializzare un prodotto identico a quello dell’attrice, nonché la volontà di voler approfittare dell’accreditamento sul mercato e delle campagne promozionali «integra gli estremi della concorrenza sleale». E la prova arriva dal profilo Facebook del brand laddove si rallegra del commento positivo di una consumatrice, «ringraziandola entusiasticamente per aver acquistato, come dalla stessa affermato “un modello Falabella che non ha nulla da invidiare all’originale”». Infine, il Tribunale ha ritenuto provata anche la contraffazione del marchio “Stella McCartney”, dal momento che, dal catalogo risultava che le borse riproducenti le caratteristiche della “Falabella” «vengono presentate dalla convenuta come borse “Mod. Stella McCartney”».

fonte; http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2017-05-08/se-borsa-contraffatta-non-e-ecofriendly-scatta-anche-danno-all-immagine-134421.php?uuid=AEAxRRIB&cmpid=nlql

Contraffazione e danno all’immagine

Nell’accordare tutela a “Falabella”, la borsa cult della stilista inglese Stella McCartney (figlia del celebre Paul, cantante dei Beatles), copiata, e quindi contraffatta, da un marchio italiano senza però utilizzare prodotti ecosostenibili ma pelle animale, il Tribunale di Milano, Sezione specializzata per l’impresa, con una innovativa sentenza del 9 marzo scorso, ha riconosciuto, oltre la contraffazione, un indennizzo di 30 mila euro per il solo danno all’immagine della griffe. È scattata così la tutela risarcitoria anche per il messaggio ambientalista dovuta per il mancato uso di materiale «ecofriendly».

Il Collegio ha disposto la condanna della convenuta a risarcire 110mila euro totali, di cui 80mila per danno patrimoniale, pari al beneficio realizzato tramite la vendita di circa 1.200 borse contraffatte, ed altri 30 mila per il danno non patrimoniale. Infatti, spiega la sentenza, «è indubbio che la reputazione commerciale della società attrice sia stata compromessa dalla presenza sul mercato di prodotti simili ad un prezzo significativamente più basso». «Ma – prosegue – quel che più rileva è il discredito che deriva alla società attrice dalla circostanza che, di fatto, attraverso la vendita delle borse di pelle di produzione cinese, risulta tradito, agli occhi dei consumatori, il messaggio ambientalista di cui il brand si è fatto portatore, escludendo dalla propria produzione qualsiasi materiale di origine animale e investendo nella ricerca di materiali alternativi ecosostenibili». E, continua, «l’operazione realizzata dalla società convenuta è tale da compromettere l’immagine di impresa “ecofriendly” e rispettosa degli animali che riflette i principi etici cui l’azienda si ispira e di cui si fa vanto».

Il Tribunale, preliminarmente, aveva rigettato l’eccezione di incompetenza della convenuta, applicando il principio per cui «le azioni fondate su fatti che si assumono lesivi del diritto dell’attore possono essere proposte anche dinanzi all’autorità giudiziaria dotata di sezione specializzata nella cui circoscrizione i fatti sono stati commessi». Nel caso di specie, la condotta illecita è stata posta in essere nel negozio della convenuta a Cernusco sul Naviglio.

Quanto alla contraffazione, per il Collegio, dall’esame dei due modelli messi a confronto, «risulta evidente che la borsa commercializzata dalla lmax costituisce l’esatta riproduzione del modello “Falabella” in ogni sua caratteristica peculiare, sia nella forma trapezoidale, sia nel particolare della catena dalla forma sfaccettata che segue tutto il bordo della borsa e che è fissata alla stessa da una cucitura a vista». Mentre «la circostanza che il materiale utilizzato sia di natura diversa da quello utilizzato dalla società attrice, che per scelta etica non realizza i suoi prodotti in pelle ma si avvale esclusivamente di materiale ecosostenibile, non vale ad escludere la contraffazione».

Non solo, la consapevolezza di commercializzare un prodotto identico a quello dell’attrice, nonché la volontà di voler approfittare dell’accreditamento sul mercato e delle campagne promozionali «integra gli estremi della concorrenza sleale». E la prova arriva dal profilo Facebook del brand laddove si rallegra del commento positivo di una consumatrice, «ringraziandola entusiasticamente per aver acquistato, come dalla stessa affermato “un modello Falabella che non ha nulla da invidiare all’originale”». Infine, il Tribunale ha ritenuto provata anche la contraffazione del marchio “Stella McCartney”, dal momento che, dal catalogo risultava che le borse riproducenti le caratteristiche della “Falabella” «vengono presentate dalla convenuta come borse “Mod. Stella McCartney”».

fonte; http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2017-05-08/se-borsa-contraffatta-non-e-ecofriendly-scatta-anche-danno-all-immagine-134421.php?uuid=AEAxRRIB&cmpid=nlql