Uncategorized / 4 Settembre 2015 / by Vincenzo Vinciguerra

Al via il Patent box: benefici fiscali per le aziende titolari di IPRs

 

La patent box scalda i motori. Dopo la diffusione del decreto di attuazione, in corso di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, le imprese che detengono beni immaterialiavviano le simulazioni dei possibili risparmi di imposte derivanti dall’agevolazione introdotta dalla legge di stabilità 2015. Per svolgere i conteggi, occorre seguire un preciso percorso che passa attraverso tre principali step:

individuazione del reddito ascrivibile al bene;

quantificazione della quota agevolabile in base alle spese di ricerca e sviluppo sostenute;

determinazione della detassazione da inserire nel modello Unico.

Il reddito dell’IP

Dopo aver individuato i possibili beni immateriali agevolabili (IP) sulla base delle indicazioni contenute nell’articolo 6 del Dm, occorre determinare il reddito prodotto dall’IP, per il quale spetta la parziale detassazione. Le cose sono semplici se il bene immateriale è concesso a terzi in licenza d’uso: il reddito è infatti dato dai canoni conseguiti per la concessione (che risultano dal bilancio) al netto dei correlati costi fiscalmente rilevanti (spese per la tutela, lo sviluppo e la promozione del bene, ecc.), sia diretti che indiretti.

Molto più elaborati sono invece le procedure necessarie per quantificare il reddito dell’IP nell’ipotesi in cui esso sia utilizzato direttamente dal titolare. Si pensi ad un brevetto riguardante un determinato componente di un macchinario prodotto e commercializzato, ovvero al marchio posseduto ed utilizzato da un’impresa di abbigliamento per identificare i prodotti.

Occorre effettuare una quantificazione figurativa, che non risulta evidentemente dalla contabilità, del contributo apportato dall’IP alla generazione del reddito, stimando cioè quale parte del prezzo del bene o del servizio posto in vendita può ritenersi derivante dall’essere contraddistinto, ovvero realizzato, utilizzando il bene immateriale. La quantificazione non è lasciata alla discrezione del contribuente, ma richiede un accordo preventivo con il fisco in base alle norme dell’articolo 8 del Dl 269/2003.

Per le Pmi, il ruling potrà attuarsi con modalità semplificate che saranno stabilite da un successivo provvedimento dell’agenzia delle Entrate.

La quota agevolabile

Si passa quindi a quantificare la quota di reddito dell’IP (fino anche al 100%) che può usufruire della detassazione. Al numeratore del rapporto vanno poste tutte le spese sostenute direttamente, attraverso Università o società esterne (non intercompany), per attività indicate nell’articolo 8 del Dm , quali la ricerca fondamentale ed applicata sul bene immateriale, il design (ideazione e progettazione di prodotti e servizi), la realizzazione di software tutelato, l’effettuazione di ricerche, anche di mercato, studi per sistemi anticontraffazione, atti di tutela degli IP, ed infine la presentazione, comunicazione, promozione che accrescano il valore distintivo dei marchi.

Al denominatore si colloca invece la sommatoria delle spese “buone” indicate al numeratore con quelle dello stesso tipo sostenute presso altre società del gruppo, oltre al costo di acquisizione del bene immateriale (anche attraverso la licenza d’uso).

Il numeratore può essere maggiorato, elevando dunque la percentuale di agevolazione, dell’eccedenza del denominatore fino però al 30 per cento. Ad esempio se le spese “buone” sono pari a 1.000, le altre spese (costi intercompany e acquisto del bene) sono pari a 400, il numeratore maggiorato sarà pari a 1.000 + 300 (vale il tetto del 30%) e il rapporto sarà del 93% (pari a 1.300 : 1.400). Ciò significa che il 93% del reddito dell’IP può usufruire della detassazione parziale prevista dalla norma.

Per 2015, 2016 e 2017, la percentuale si calcola sommando tutti i costi rilevanti sostenuti nell’esercizio e nei 3 precedenti e senza dover distinguere tra singolo IP.

Per il 2015, in particolare il rapporto sarà costruito con la sommatoria dei costi (rispettivamente “buoni” e totali) del quadriennio 2015-2014-2013-2012.

Dal 2018, la percentuale si determina sommando tutti gli anni di applicazione della norma e distinguendo le spese per singolo bene.

La deduzione in Unico

Dopo aver svolto i complessi conteggi sopra indicati, si arriva finalmente al definire il beneficio fiscale, che, per il 2015, è dato da una deduzione Ires e Irap pari al 30% del reddito agevolabile (40% per il 2016 e 50% dal 2017). Ad esempio se il reddito dell’IP 2015 (calcolato col ruling se ad utilizzo diretto) è pari a 500.000 euro, la percentuale agevolata (vedi sopra) è il 93%, la deduzione finale in Unico 2016 sarà di 139.500 euro, con minori imposte (Ires e Irap) di 43.803 euro

fonte: http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/professione/2015-09-03/patent-box-sconti-tre-mosse–194914.php?uuid=ACvlAar

Tags:
Uncategorized @en / 4 Settembre 2015 / by Vincenzo Vinciguerra

Al via il Patent box: benefici fiscali per le aziende titolari di IPRs

 

La patent box scalda i motori. Dopo la diffusione del decreto di attuazione, in corso di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, le imprese che detengono beni immaterialiavviano le simulazioni dei possibili risparmi di imposte derivanti dall’agevolazione introdotta dalla legge di stabilità 2015. Per svolgere i conteggi, occorre seguire un preciso percorso che passa attraverso tre principali step:

individuazione del reddito ascrivibile al bene;

quantificazione della quota agevolabile in base alle spese di ricerca e sviluppo sostenute;

determinazione della detassazione da inserire nel modello Unico.

Il reddito dell’IP

Dopo aver individuato i possibili beni immateriali agevolabili (IP) sulla base delle indicazioni contenute nell’articolo 6 del Dm, occorre determinare il reddito prodotto dall’IP, per il quale spetta la parziale detassazione. Le cose sono semplici se il bene immateriale è concesso a terzi in licenza d’uso: il reddito è infatti dato dai canoni conseguiti per la concessione (che risultano dal bilancio) al netto dei correlati costi fiscalmente rilevanti (spese per la tutela, lo sviluppo e la promozione del bene, ecc.), sia diretti che indiretti.

Molto più elaborati sono invece le procedure necessarie per quantificare il reddito dell’IP nell’ipotesi in cui esso sia utilizzato direttamente dal titolare. Si pensi ad un brevetto riguardante un determinato componente di un macchinario prodotto e commercializzato, ovvero al marchio posseduto ed utilizzato da un’impresa di abbigliamento per identificare i prodotti.

Occorre effettuare una quantificazione figurativa, che non risulta evidentemente dalla contabilità, del contributo apportato dall’IP alla generazione del reddito, stimando cioè quale parte del prezzo del bene o del servizio posto in vendita può ritenersi derivante dall’essere contraddistinto, ovvero realizzato, utilizzando il bene immateriale. La quantificazione non è lasciata alla discrezione del contribuente, ma richiede un accordo preventivo con il fisco in base alle norme dell’articolo 8 del Dl 269/2003.

Per le Pmi, il ruling potrà attuarsi con modalità semplificate che saranno stabilite da un successivo provvedimento dell’agenzia delle Entrate.

La quota agevolabile

Si passa quindi a quantificare la quota di reddito dell’IP (fino anche al 100%) che può usufruire della detassazione. Al numeratore del rapporto vanno poste tutte le spese sostenute direttamente, attraverso Università o società esterne (non intercompany), per attività indicate nell’articolo 8 del Dm , quali la ricerca fondamentale ed applicata sul bene immateriale, il design (ideazione e progettazione di prodotti e servizi), la realizzazione di software tutelato, l’effettuazione di ricerche, anche di mercato, studi per sistemi anticontraffazione, atti di tutela degli IP, ed infine la presentazione, comunicazione, promozione che accrescano il valore distintivo dei marchi.

Al denominatore si colloca invece la sommatoria delle spese “buone” indicate al numeratore con quelle dello stesso tipo sostenute presso altre società del gruppo, oltre al costo di acquisizione del bene immateriale (anche attraverso la licenza d’uso).

Il numeratore può essere maggiorato, elevando dunque la percentuale di agevolazione, dell’eccedenza del denominatore fino però al 30 per cento. Ad esempio se le spese “buone” sono pari a 1.000, le altre spese (costi intercompany e acquisto del bene) sono pari a 400, il numeratore maggiorato sarà pari a 1.000 + 300 (vale il tetto del 30%) e il rapporto sarà del 93% (pari a 1.300 : 1.400). Ciò significa che il 93% del reddito dell’IP può usufruire della detassazione parziale prevista dalla norma.

Per 2015, 2016 e 2017, la percentuale si calcola sommando tutti i costi rilevanti sostenuti nell’esercizio e nei 3 precedenti e senza dover distinguere tra singolo IP.

Per il 2015, in particolare il rapporto sarà costruito con la sommatoria dei costi (rispettivamente “buoni” e totali) del quadriennio 2015-2014-2013-2012.

Dal 2018, la percentuale si determina sommando tutti gli anni di applicazione della norma e distinguendo le spese per singolo bene.

La deduzione in Unico

Dopo aver svolto i complessi conteggi sopra indicati, si arriva finalmente al definire il beneficio fiscale, che, per il 2015, è dato da una deduzione Ires e Irap pari al 30% del reddito agevolabile (40% per il 2016 e 50% dal 2017). Ad esempio se il reddito dell’IP 2015 (calcolato col ruling se ad utilizzo diretto) è pari a 500.000 euro, la percentuale agevolata (vedi sopra) è il 93%, la deduzione finale in Unico 2016 sarà di 139.500 euro, con minori imposte (Ires e Irap) di 43.803 euro

fonte: http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/professione/2015-09-03/patent-box-sconti-tre-mosse–194914.php?uuid=ACvlAar

Tags: