Uncategorized / 15 Febbraio 2016 / by Vincenzo Vinciguerra

Diritto al nome e titolo nobiliare

I titoli nobiliari possono entrare a far parte del cognome solo se hanno la funzione sociale di identificare la persona. È quanto emerge da una sentenza del Tribunale di Roma (presidente Covelli, relatore Bifano), depositata lo scorso 7 dicembre.

La controversia è stata promossa dai discendenti di un uomo, a cui nel 1703 era stato attribuito il titolo di marchese. Gli attori hanno citato in giudizio la presidenza del Consiglio dei ministri, chiedendo che fosse loro riconosciuto il diritto di aggiungere al proprio cognome, come parte inscindibile dello stesso, il predicato attribuito al loro lontano avo.

Nel decidere la causa, il giudice ricorda che la XIV disposizione transitoria della Costituzione dispone che i titoli nobiliari non sono riconosciuti, mentre valgono come parte del nome i predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922. Il Tribunale richiama quindi la sentenza 101/1967 della Consulta, che ha fissato le regole generali nella materia in esame. Secondo il giudice delle leggi, i titoli nobiliari, proprio perché non riconosciuti dall’ordinamento repubblicano, «non costituiscono contenuto di un diritto (…): in una parola, essi restano fuori del mondo giuridico». E dunque – prosegue il Tribunale -, i titoli nobiliari non possono essere accertati giudizialmente; né, ai fini della «cognomizzazione del predicato» (prevista dalla disposizione transitoria della Costituzione) sono rilevanti «le regole proprie del regime successorio nobiliare».

Di conseguenza, i predicati nobiliari possono valere come parte del cognome solo se – aggiunge il Tribunale, citando la sentenza 10936/1997 della Corte di Cassazione – «ne condividano la funzione sociale di elemento distintivo dell’identità personale utile a evitare confusione con altri soggetti». Infatti, nel sistema repubblicano, la tutela che si esprime nella cognomizzazione del predicato di un titolo nobiliare si deve fondare sull’articolo 2 della Costituzione; articolo che tutela i diritti inviolabili dell’uomo nella complessità e unitarietà di tutte le sue componenti, e dunque sia come singolo, sia, appunto, nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità.

Secondo il Tribunale, la modifica del cognome con l’integrazione del titolo nobiliare merita, dunque, tutela solo se mira a preservare l’identità personale dell’interessato, «nel senso di immagine sociale»; intesa, quest’ultima, come insieme di valori politici, religiosi e professionali, «purché anch’essi compatibili con l’ordinamento repubblicano».

Nel caso esaminato dai giudici capitolini, la documentazione prodotta dalla presidenza del Consiglio dei ministri dimostrava che il titolo nobiliare in discussione era esistente già prima del 1922. Tuttavia, gli attori non avevano dimostrato che il predicato nobiliare che chiedevano di aggiungere al cognome avesse una «funzione socialmente identificante (…) del proprio nucleo familiare»; è dunque mancata, in conclusione, la prova di un interesse, meritevole di tutela, «alla differenziazione dalla restante parte della famiglia connotata dallo stesso attuale cognome».

Per queste ragioni, la domanda è stata respinta. Le spese del giudizio sono state, però, compensate tra le parti, poiché la controversia riguardava questioni non frequenti nelle aule giudiziarie.

fonte:http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2016-02-11/titolo-nobiliare-cognome-solo-se-identifica-persona–212451.php?uuid=ACcophSC&cmpid=nlql

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Uncategorized @en / 15 Febbraio 2016 / by Vincenzo Vinciguerra

Diritto al nome e titolo nobiliare

I titoli nobiliari possono entrare a far parte del cognome solo se hanno la funzione sociale di identificare la persona. È quanto emerge da una sentenza del Tribunale di Roma (presidente Covelli, relatore Bifano), depositata lo scorso 7 dicembre.

La controversia è stata promossa dai discendenti di un uomo, a cui nel 1703 era stato attribuito il titolo di marchese. Gli attori hanno citato in giudizio la presidenza del Consiglio dei ministri, chiedendo che fosse loro riconosciuto il diritto di aggiungere al proprio cognome, come parte inscindibile dello stesso, il predicato attribuito al loro lontano avo.

Nel decidere la causa, il giudice ricorda che la XIV disposizione transitoria della Costituzione dispone che i titoli nobiliari non sono riconosciuti, mentre valgono come parte del nome i predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922. Il Tribunale richiama quindi la sentenza 101/1967 della Consulta, che ha fissato le regole generali nella materia in esame. Secondo il giudice delle leggi, i titoli nobiliari, proprio perché non riconosciuti dall’ordinamento repubblicano, «non costituiscono contenuto di un diritto (…): in una parola, essi restano fuori del mondo giuridico». E dunque – prosegue il Tribunale -, i titoli nobiliari non possono essere accertati giudizialmente; né, ai fini della «cognomizzazione del predicato» (prevista dalla disposizione transitoria della Costituzione) sono rilevanti «le regole proprie del regime successorio nobiliare».

Di conseguenza, i predicati nobiliari possono valere come parte del cognome solo se – aggiunge il Tribunale, citando la sentenza 10936/1997 della Corte di Cassazione – «ne condividano la funzione sociale di elemento distintivo dell’identità personale utile a evitare confusione con altri soggetti». Infatti, nel sistema repubblicano, la tutela che si esprime nella cognomizzazione del predicato di un titolo nobiliare si deve fondare sull’articolo 2 della Costituzione; articolo che tutela i diritti inviolabili dell’uomo nella complessità e unitarietà di tutte le sue componenti, e dunque sia come singolo, sia, appunto, nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità.

Secondo il Tribunale, la modifica del cognome con l’integrazione del titolo nobiliare merita, dunque, tutela solo se mira a preservare l’identità personale dell’interessato, «nel senso di immagine sociale»; intesa, quest’ultima, come insieme di valori politici, religiosi e professionali, «purché anch’essi compatibili con l’ordinamento repubblicano».

Nel caso esaminato dai giudici capitolini, la documentazione prodotta dalla presidenza del Consiglio dei ministri dimostrava che il titolo nobiliare in discussione era esistente già prima del 1922. Tuttavia, gli attori non avevano dimostrato che il predicato nobiliare che chiedevano di aggiungere al cognome avesse una «funzione socialmente identificante (…) del proprio nucleo familiare»; è dunque mancata, in conclusione, la prova di un interesse, meritevole di tutela, «alla differenziazione dalla restante parte della famiglia connotata dallo stesso attuale cognome».

Per queste ragioni, la domanda è stata respinta. Le spese del giudizio sono state, però, compensate tra le parti, poiché la controversia riguardava questioni non frequenti nelle aule giudiziarie.

fonte:http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2016-02-11/titolo-nobiliare-cognome-solo-se-identifica-persona–212451.php?uuid=ACcophSC&cmpid=nlql

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