Uncategorized / 30 Agosto 2016 / by Vincenzo Vinciguerra

Stalking configurabile anche mediante l’uso di social network

La caratteristica fondamentale del reato di stalking è la reiterazione delle condotte che rappresenta il predicato dell’abitualità del reato, per la cui integrazione sono sufficienti più condotte di minaccia e molestia rappresentate da singoli messaggi pubblicati sul social network facebook.

La Corte di Cassazione, sez. V penale, con la sentenza n. 21407 del 23 maggio 2016 ritorna ad analizzare il mondo dei social network ed in particolare facebook come strumento di realizzazione di reati comuni che, in realtà, non trovano sempre nella rete la loro più naturale e diffusa finalizzazione.

In particolare, nel caso di specie, il tribunale di Catania conferma l’ordinanza applicativa nei confronti dell’imputato della misura del divieto di avvicinamento alle persone offese in relazione al reato di cui all’art. 612-bis c.p., in quanto lo stesso ingiuriava e denigrava le pp.oo. anche attraverso il social network facebook, seguendone gli spostamenti, limitando la loro vita di relazione ed ingenerando un grave stato di ansia, nonché il fondato timore per la loro stessa incolumità.

La Suprema Corte nel confermare il provvedimento del Tribunale puntualizza che il delitto di atti persecutori è reato abituale che differisce dai reati di molestie e di minacce, che pure ne possono rappresentare un elemento costitutivo, per la produzione di un evento di “danno”, consistente nell’alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, o, in alternativa, di un evento di “pericolo”, consistente nel fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva (Sez. 3, n. 9222 del 16/01/2015). La caratteristica fondamentale dell’incriminazione in oggetto è la reiterazione delle condotte che rappresenta il predicato dell’abitualità del reato, per la cui integrazione la giurisprudenza ha ritenuto sufficienti anche due sole condotte (Sez. 5, n. 46331 del 05/06/2013). Per l’integrazione del reato è irrilevante che le singole condotte siano o meno autonomamente perseguibili come reati, potendo altresì rilevare comportamenti non specificamente oggetto di norme incriminatrici di parte speciale – quali appostamenti, pedinamenti ecc. – purché l’abitualità degli stessi si traduca nella percezione di atti persecutori idonei a cagionare uno degli eventi di danno previsti dalla norma.

Quanto al profilo soggettivo, la Corte chiarisce che lo stalking è un reato abituale di evento assistito dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell’abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte, elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa, potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l’occasione (Sez. 5, n. 43085 del 24/09/2015).

Nel caso di specie, secondo la Corte di Cassazione, le dichiarazioni delle persone offese possono costituire prova della responsabilità dell’indagato, sempre che ne venga verificata l’attendibilità ed in concreto l’attendibilità delle p.o. è stata compiutamente considerata anche in relazione ai plurimi elementi di riscontro, quali ad esempio l’utilizzo di account intestati a soggetti di fantasia volti ad occultare la propria identità alle p.o., ovvero il contenuto delle relazioni delle assistenti sociali. Sulla scorta delle denunce in atti emerge che l’indagato ha ripetutamente ingiuriato e denigrato le pp.oo., ne ha seguito gli spostamenti, si è appostato sotto la loro abitazione, ne ha limitato la vita di relazione, ingenerando in loro un grave stato d’ansia, nonché il fondato timore per la loro stessa incolumità, come evincibile dal certificato medico in atti. A fronte di plurimi episodi, sviluppatisi in un significativo arco temporale, il ricorrente svolge censure in fatto che non sono in grado di elidere i plurimi elementi a suo carico, posti a fondamento della misura coercitiva. La circostanza secondo cui i messaggi pubblicati sul social network facebook al più potrebbero integrare il reato di diffamazione, non si presenta significativa posto che il reato di atti persecutori tiene conto, così come già evidenziato, del fatto che viene in questione nella fattispecie di stalking la reiterazione delle condotte e non il singolo episodio che pur potendo in ipotesi integrare in sè un autonomo reato va letto nell’ambito delle complessive attività persecutorie.

 

fonte: http://www.altalex.com/documents/news/2016/05/27/facebook-insulti-stalking

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Uncategorized @en / 30 Agosto 2016 / by Vincenzo Vinciguerra

Stalking configurabile anche mediante l’uso di social network

La caratteristica fondamentale del reato di stalking è la reiterazione delle condotte che rappresenta il predicato dell’abitualità del reato, per la cui integrazione sono sufficienti più condotte di minaccia e molestia rappresentate da singoli messaggi pubblicati sul social network facebook.

La Corte di Cassazione, sez. V penale, con la sentenza n. 21407 del 23 maggio 2016 ritorna ad analizzare il mondo dei social network ed in particolare facebook come strumento di realizzazione di reati comuni che, in realtà, non trovano sempre nella rete la loro più naturale e diffusa finalizzazione.

In particolare, nel caso di specie, il tribunale di Catania conferma l’ordinanza applicativa nei confronti dell’imputato della misura del divieto di avvicinamento alle persone offese in relazione al reato di cui all’art. 612-bis c.p., in quanto lo stesso ingiuriava e denigrava le pp.oo. anche attraverso il social network facebook, seguendone gli spostamenti, limitando la loro vita di relazione ed ingenerando un grave stato di ansia, nonché il fondato timore per la loro stessa incolumità.

La Suprema Corte nel confermare il provvedimento del Tribunale puntualizza che il delitto di atti persecutori è reato abituale che differisce dai reati di molestie e di minacce, che pure ne possono rappresentare un elemento costitutivo, per la produzione di un evento di “danno”, consistente nell’alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, o, in alternativa, di un evento di “pericolo”, consistente nel fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva (Sez. 3, n. 9222 del 16/01/2015). La caratteristica fondamentale dell’incriminazione in oggetto è la reiterazione delle condotte che rappresenta il predicato dell’abitualità del reato, per la cui integrazione la giurisprudenza ha ritenuto sufficienti anche due sole condotte (Sez. 5, n. 46331 del 05/06/2013). Per l’integrazione del reato è irrilevante che le singole condotte siano o meno autonomamente perseguibili come reati, potendo altresì rilevare comportamenti non specificamente oggetto di norme incriminatrici di parte speciale – quali appostamenti, pedinamenti ecc. – purché l’abitualità degli stessi si traduca nella percezione di atti persecutori idonei a cagionare uno degli eventi di danno previsti dalla norma.

Quanto al profilo soggettivo, la Corte chiarisce che lo stalking è un reato abituale di evento assistito dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell’abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte, elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa, potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l’occasione (Sez. 5, n. 43085 del 24/09/2015).

Nel caso di specie, secondo la Corte di Cassazione, le dichiarazioni delle persone offese possono costituire prova della responsabilità dell’indagato, sempre che ne venga verificata l’attendibilità ed in concreto l’attendibilità delle p.o. è stata compiutamente considerata anche in relazione ai plurimi elementi di riscontro, quali ad esempio l’utilizzo di account intestati a soggetti di fantasia volti ad occultare la propria identità alle p.o., ovvero il contenuto delle relazioni delle assistenti sociali. Sulla scorta delle denunce in atti emerge che l’indagato ha ripetutamente ingiuriato e denigrato le pp.oo., ne ha seguito gli spostamenti, si è appostato sotto la loro abitazione, ne ha limitato la vita di relazione, ingenerando in loro un grave stato d’ansia, nonché il fondato timore per la loro stessa incolumità, come evincibile dal certificato medico in atti. A fronte di plurimi episodi, sviluppatisi in un significativo arco temporale, il ricorrente svolge censure in fatto che non sono in grado di elidere i plurimi elementi a suo carico, posti a fondamento della misura coercitiva. La circostanza secondo cui i messaggi pubblicati sul social network facebook al più potrebbero integrare il reato di diffamazione, non si presenta significativa posto che il reato di atti persecutori tiene conto, così come già evidenziato, del fatto che viene in questione nella fattispecie di stalking la reiterazione delle condotte e non il singolo episodio che pur potendo in ipotesi integrare in sè un autonomo reato va letto nell’ambito delle complessive attività persecutorie.

 

fonte: http://www.altalex.com/documents/news/2016/05/27/facebook-insulti-stalking

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