Due paletti ai sistemi automatici per attività di telemarketing. Il primo viene dalla Cassazione, secondo la quale un’azienda che li usa non può sfruttare la possibilità di contattare i potenziali clienti senza il loro consenso, data dal Codice della privacy quando i loro dati sono pubblicati negli elenchi telefonici. Il secondo viene dal Garante della privacy, che ha vietato a una società di formare per conto proprio un elenco telefonico procurandosi i numeri con un sistema in grado di ricavarli su internet (web scraping).
La Cassazione, con la sentenza n. 2196 depositata ieri, ha confermato un provvedimento dello stesso Garante, che aveva fermato un’iniziativa commerciale di Enel Energia basata sulle cosiddette chiamate mute, cioè in cui chi risponde rischia di sentirsi riattaccare. Ciò perché l’azienda usa un sistema che, per aumentare la produttività del call center, fa partire in automatico un numero di chiamate superiore a quello dei centralinisti, presupponendo che alcune vadano a vuoto; se la quota di destinatari che rispondono supera quella presunta dal sistema, alcune telefonate sono interrotte.
Secondo l’azienda e il fornitore del sistema, il veto del Garante era ingiustificato perché l’articolo 7 della direttiva europea 95/46 non consente agli Stati Ue di prevedere requisiti supplementari per il trattamento dei dati personali; inoltre, l’articolo 130, comma 3-bis, del Codice ha invertito nel 2009 le regole sul consenso dell’interessato, introducendo il concetto (fonte di polemiche, all’epoca) secondo cui chi è inserito negli elenchi telefonici deve dare un esplicito dissenso (opt- out) se vuole evitare di ricevere telefonate commerciali.
La Cassazione afferma invece che nella direttiva prevale il principio del consenso inequivocabile espresso (articolo 7), cui la norma consente deroghe in casi non assimilabili a quello delle chiamate mute. Inoltre, la direttiva 2002/58 sull’e-privacy (articolo 13, comma 3) prevede l’opt-out solo nelle chiamate fatte da operatore, senza ausilio di sistemi automatici. E il fatto che l’opt-out riguardi solo chi compare negli elenchi esclude che si possa chiamare a fini commerciali una persona sul cellulare senza il suo consenso.
Secondo i giudici, non è rilevante nemmeno il fatto che le chiamate mute fossero appena il 3% del totale: gli articoli 4 e 11 del Codice impongono di gestire i dati personali con «correttezza, pertinenza e non eccedenza rispetto alle finalità del loro utilizzo».
Quanto al web scraping, il Garante, ha ribadito che elenchi di numeri telefonici si possono ricavare solo dal Data base unico (Dbu), l’archivio elettronico che raccoglie numeri di telefono e altri dati dei clienti di tutti gli operatori nazionali di telefonia fissa e mobile. Quindi ricavarli colweb scraping è illegittimo
fonte: http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2016-02-04/per-telemarketing-serve-consenso–204008.php?uuid=ACqe7wNC&cmpid=nlql