Uncategorized / 13 Dicembre 2017 / by Vincenzo Vinciguerra

Tutela dei marchi simili tra loro, forti, deboli e confondibili

Di seguito riporto una serie di massime giurisprudenziali in tema di tutela dei marchi, dando rilievo all’aspetto della qualifica del marchio come “forte” o “debole”:

Regolamento di giurisdizione – Proprietà industriale – Contraffazione di disegni e modelli comunitari (articoli 81, lett b, 82.1 regolamento 6/02/Ce) – Azioni di accertamento negativo – Difetto di giurisdizione del giudice italiano – Sentenza Cgue 13.07.2017, causa C-433/2016 – Fattispecie. 
In tema di disegni e modelli comunitari, conformemente alla pronuncia della Corte di Giustizia Ue 13.07.2017 (seconda sezione, causa C-433/2016) sulle questioni pregiudiziali inerenti alla competenza, le azioni di accertamento negativo della contraffazione vanno proposte in via esclusiva davanti al tribunale dei modelli e disegni comunitari dello Stato membro in cui il convenuto ha domicilio. La giurisdizione del giudice italiano non è applicabile neppure alle azioni di accertamento di insussistenza della contraffazione, né alle domande di abuso di posizione dominante e di concorrenza sleale connesse a tali azioni, nei limiti in cui il loro accoglimento presuppone l’accertamento dell’inesistenza della contraffazione (art. 24 regolamento 44/01/Ce). (Nel caso di specie, una Srl italiana conveniva in giudizio una nota Casa automobilistica tedesca per sentire accertare che i cerchi in lega per ruote di auto da essa prodotte e commercializzate non costituissero contraffazione di disegni e modelli comunitari, oggetto di proprietà o di privativa della convenuta, rilevando piuttosto l’abuso di posizione dominante e la concorrenza sleale della Casa citata. La Suprema corte, rimessa la questione di competenza alla Corte di Giustizia, eccepiva infine il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello tedesco).
• Corte di cassazione, sezioni Unite, ordinanza 20 novembre 2017 n. 27441 

Diritto d’autore – Diffusione via radio di opere tutelate ex legge n. 633/1941 – Prescrizione del reato – Confisca di strumenti e materiali serviti a commettere il reato – Non ammissibile – Annullamento senza rinvio. 
Per le violazioni in materia di diritto d’autore la confisca degli strumenti e dei materiali serviti o destinati a commettere i reati deve essere predisposta obbligatoriamente esclusivamente in presenza di una sentenza di condanna, sia pure patteggiata, o di applicazione della pena su richiesta (articoli 171-bis, ter, quater e sexies legge n. 633/1941). (Nel caso di specie, all’amministratore di una radio era stato contestato di avere diffuso opere musicali tutelate dal diritto d’autore ma il reato era caduto in prescrizione prima della condanna).
• Corte di cassazione, sezione III, sentenza 16 novembre 2017 n. 52434 

Diritto d’autore – Tutela – Cessione del diritto sulle fotografie (art. 89 legge sul diritto d’autore n. 633/1941) – Mancata cessione dei negativi – Patto di unica riproduzione – Diritto a un equo compenso – Onere della prova – Mezzi ordinari di prova – Presunzione legale – Non sussiste. 
In tema di cessione dei diritti di autore sulle fotografie, l’esistenza di un patto di unica riproduzione non può desumersi da una inesistente presunzione legale basata sulla mancata cessione dei negativi bensì va provata, a carico di chi invoca il patto a proprio favore, mediante gli ordinari mezzi di prova. Infatti, mentre l’articolo 89 della legge sul diritto d’autore n. 633 del 1941 stabilisce che la cessione del negativo o di analogo mezzo di riproduzione della fotografia comprende, salvo patto contrario, la cessione dei diritti previsti nell’articolo 88 (diritti spettanti al fotografo), a condizione che tali diritti spettino al cedente, esso non regola affatto il caso opposto, vale a dire quello in cui l’autore delle fotografie abbia trattenuto il negativo o l’analogo mezzo di riproduzione limitandosi a cedere all’editore una copia stampata di esso. L’autore della fotografia non ha perciò diritto all’equo compenso se non è in grado di fornire la prova (accordo scritto, atto unilaterale, chiaro ed espresso scambio di intenti) che egli volesse di fatto limitare gli impieghi delle fotografie ad una sola e irripetibile riproduzione.
• Corte di cassazione, sezione VI, ordinanza 14 novembre 2017 n. 26949 

Marchi – Tutela del marchio – Confondibilità – Criteri – Posteriorità del marchio di fatto rispetto ad altro registrato – Convalidazione del marchio (art. 48 Dlgs n. 30/2005)- Esclusione – Uso della denominazione. 
L’accertamento circa la confondibilità tra marchi in conflitto deve compiersi avendo riguardo all’insieme dei loro elementi salienti, grafici, visivi, fonetici eccetera. Ai marchi di fatto posteriori a marchi anteriori registrati o di fatto non è applicabile l’istituto della convalidazione. Un’impresa può inserire nella propria ditta una parola che faccia già parte del marchio di cui sia titolare altra impresa, anche quando entrambe operino nello stesso mercato, ma non è lecito che essa utilizzi quella parola anche come marchio.
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 20 aprile 2017 n. 9968 

Marchi d’impresa- Marchio debole – Segno distintivo – Marchio forte – Differenziazione – Mancanza di attitudine distintiva – Fattispecie. 
In tema di marchi d’impresa, la qualificazione del segno distintivo come marchio cosiddetto debole non incide sull’attitudine dello stesso alla registrazione ma soltanto sull’intensità della tutela che ne deriva, nel senso che, a differenza del marchio cosiddetto forte, in relazione al quale vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante, per il marchio debole sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni od aggiunte. (Nel caso di specie, la Suprema corte, chiamata ad operare il raffronto tra due marchi al fine di individuare il loro carattere distintivo nonché la confondibilità, valutati i diversi tipi di prodotti e servizi per i quali tali marchi erano registrati, respingeva per difetto di specificità le doglianze di un rinomato marchio di prodotti cosmetici che impiegava sul mercato europeo un nome d’uso comune francese, il sostantivo e aggettivo “clinique”). 
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 7 dicembre 2016 n. 25168 

Marchi – Tutela del marchio – Marchi simili – Affinità tra prodotti – Confondibilità – Criteri. 
Per quanto attiene alla tutela dei marchi d’impresa, la capacità dei beni o prodotti di soddisfare le medesime esigenze di mercato da cui dipende l’affinità tra prodotti che sono contraddistinti da marchi simili, ai fini del giudizio di confondibilità, consiste nella circostanza che quei beni o prodotti siano ricercati dal mercato e acquistati per le stesse motivazioni, data un’affinità funzionale esistente tra quei beni o prodotti e tra i relativi settori merceologici, che portano i consumatori a ritenere che provengano dallo stesso produttore. L’identità delle esigenze non può tuttavia essere ancorata a criteri eccessivamente generici (quali l’esigenza di vestirsi, sfamarsi, dissetarsi, leggere eccetera), rischiandosi altrimenti di smarrire il nesso che, anche secondo nozioni di comune esperienza, deve potersi presumere esistente tra la coincidenza dei bisogni cui quei beni sono preordinati e l’unicità della loro fonte di provenienza, che costituisce la vera ragione di tutela del marchio.
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 24 giugno 2016 n. 13170

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Tutela dei marchi simili tra loro, forti, deboli e confondibili

Di seguito riporto una serie di massime giurisprudenziali in tema di tutela dei marchi, dando rilievo all’aspetto della qualifica del marchio come “forte” o “debole”:

Regolamento di giurisdizione – Proprietà industriale – Contraffazione di disegni e modelli comunitari (articoli 81, lett b, 82.1 regolamento 6/02/Ce) – Azioni di accertamento negativo – Difetto di giurisdizione del giudice italiano – Sentenza Cgue 13.07.2017, causa C-433/2016 – Fattispecie. 
In tema di disegni e modelli comunitari, conformemente alla pronuncia della Corte di Giustizia Ue 13.07.2017 (seconda sezione, causa C-433/2016) sulle questioni pregiudiziali inerenti alla competenza, le azioni di accertamento negativo della contraffazione vanno proposte in via esclusiva davanti al tribunale dei modelli e disegni comunitari dello Stato membro in cui il convenuto ha domicilio. La giurisdizione del giudice italiano non è applicabile neppure alle azioni di accertamento di insussistenza della contraffazione, né alle domande di abuso di posizione dominante e di concorrenza sleale connesse a tali azioni, nei limiti in cui il loro accoglimento presuppone l’accertamento dell’inesistenza della contraffazione (art. 24 regolamento 44/01/Ce). (Nel caso di specie, una Srl italiana conveniva in giudizio una nota Casa automobilistica tedesca per sentire accertare che i cerchi in lega per ruote di auto da essa prodotte e commercializzate non costituissero contraffazione di disegni e modelli comunitari, oggetto di proprietà o di privativa della convenuta, rilevando piuttosto l’abuso di posizione dominante e la concorrenza sleale della Casa citata. La Suprema corte, rimessa la questione di competenza alla Corte di Giustizia, eccepiva infine il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello tedesco).
• Corte di cassazione, sezioni Unite, ordinanza 20 novembre 2017 n. 27441 

Diritto d’autore – Diffusione via radio di opere tutelate ex legge n. 633/1941 – Prescrizione del reato – Confisca di strumenti e materiali serviti a commettere il reato – Non ammissibile – Annullamento senza rinvio. 
Per le violazioni in materia di diritto d’autore la confisca degli strumenti e dei materiali serviti o destinati a commettere i reati deve essere predisposta obbligatoriamente esclusivamente in presenza di una sentenza di condanna, sia pure patteggiata, o di applicazione della pena su richiesta (articoli 171-bis, ter, quater e sexies legge n. 633/1941). (Nel caso di specie, all’amministratore di una radio era stato contestato di avere diffuso opere musicali tutelate dal diritto d’autore ma il reato era caduto in prescrizione prima della condanna).
• Corte di cassazione, sezione III, sentenza 16 novembre 2017 n. 52434 

Diritto d’autore – Tutela – Cessione del diritto sulle fotografie (art. 89 legge sul diritto d’autore n. 633/1941) – Mancata cessione dei negativi – Patto di unica riproduzione – Diritto a un equo compenso – Onere della prova – Mezzi ordinari di prova – Presunzione legale – Non sussiste. 
In tema di cessione dei diritti di autore sulle fotografie, l’esistenza di un patto di unica riproduzione non può desumersi da una inesistente presunzione legale basata sulla mancata cessione dei negativi bensì va provata, a carico di chi invoca il patto a proprio favore, mediante gli ordinari mezzi di prova. Infatti, mentre l’articolo 89 della legge sul diritto d’autore n. 633 del 1941 stabilisce che la cessione del negativo o di analogo mezzo di riproduzione della fotografia comprende, salvo patto contrario, la cessione dei diritti previsti nell’articolo 88 (diritti spettanti al fotografo), a condizione che tali diritti spettino al cedente, esso non regola affatto il caso opposto, vale a dire quello in cui l’autore delle fotografie abbia trattenuto il negativo o l’analogo mezzo di riproduzione limitandosi a cedere all’editore una copia stampata di esso. L’autore della fotografia non ha perciò diritto all’equo compenso se non è in grado di fornire la prova (accordo scritto, atto unilaterale, chiaro ed espresso scambio di intenti) che egli volesse di fatto limitare gli impieghi delle fotografie ad una sola e irripetibile riproduzione.
• Corte di cassazione, sezione VI, ordinanza 14 novembre 2017 n. 26949 

Marchi – Tutela del marchio – Confondibilità – Criteri – Posteriorità del marchio di fatto rispetto ad altro registrato – Convalidazione del marchio (art. 48 Dlgs n. 30/2005)- Esclusione – Uso della denominazione. 
L’accertamento circa la confondibilità tra marchi in conflitto deve compiersi avendo riguardo all’insieme dei loro elementi salienti, grafici, visivi, fonetici eccetera. Ai marchi di fatto posteriori a marchi anteriori registrati o di fatto non è applicabile l’istituto della convalidazione. Un’impresa può inserire nella propria ditta una parola che faccia già parte del marchio di cui sia titolare altra impresa, anche quando entrambe operino nello stesso mercato, ma non è lecito che essa utilizzi quella parola anche come marchio.
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 20 aprile 2017 n. 9968 

Marchi d’impresa- Marchio debole – Segno distintivo – Marchio forte – Differenziazione – Mancanza di attitudine distintiva – Fattispecie. 
In tema di marchi d’impresa, la qualificazione del segno distintivo come marchio cosiddetto debole non incide sull’attitudine dello stesso alla registrazione ma soltanto sull’intensità della tutela che ne deriva, nel senso che, a differenza del marchio cosiddetto forte, in relazione al quale vanno considerate illegittime tutte le modificazioni, pur rilevanti ed originali, che ne lascino comunque sussistere l’identità sostanziale ovvero il nucleo ideologico espressivo costituente l’idea fondamentale in cui si riassume, caratterizzandola, la sua attitudine individualizzante, per il marchio debole sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni od aggiunte. (Nel caso di specie, la Suprema corte, chiamata ad operare il raffronto tra due marchi al fine di individuare il loro carattere distintivo nonché la confondibilità, valutati i diversi tipi di prodotti e servizi per i quali tali marchi erano registrati, respingeva per difetto di specificità le doglianze di un rinomato marchio di prodotti cosmetici che impiegava sul mercato europeo un nome d’uso comune francese, il sostantivo e aggettivo “clinique”). 
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 7 dicembre 2016 n. 25168 

Marchi – Tutela del marchio – Marchi simili – Affinità tra prodotti – Confondibilità – Criteri. 
Per quanto attiene alla tutela dei marchi d’impresa, la capacità dei beni o prodotti di soddisfare le medesime esigenze di mercato da cui dipende l’affinità tra prodotti che sono contraddistinti da marchi simili, ai fini del giudizio di confondibilità, consiste nella circostanza che quei beni o prodotti siano ricercati dal mercato e acquistati per le stesse motivazioni, data un’affinità funzionale esistente tra quei beni o prodotti e tra i relativi settori merceologici, che portano i consumatori a ritenere che provengano dallo stesso produttore. L’identità delle esigenze non può tuttavia essere ancorata a criteri eccessivamente generici (quali l’esigenza di vestirsi, sfamarsi, dissetarsi, leggere eccetera), rischiandosi altrimenti di smarrire il nesso che, anche secondo nozioni di comune esperienza, deve potersi presumere esistente tra la coincidenza dei bisogni cui quei beni sono preordinati e l’unicità della loro fonte di provenienza, che costituisce la vera ragione di tutela del marchio.
• Corte di cassazione, sezione I, sentenza 24 giugno 2016 n. 13170

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