Uno dei convincimenti che si sono tramandati nel tempo nell’ambito dell’industria deimedia italiani riguarda una sorta di “diritto”, che farebbe capo alle imprese del settore, di poter utilizzare liberamente fino a tre minuti materiale protetto appartenente a terzi all’interno dei propri programmi e prodotti audiovisivi. Tale presunto diritto, spesso confuso con il cosiddetto “diritto di cronaca”, troverebbe fondamento in una prassi invalsa per molti anni nel mondo della televisione e dell’audiovisivo e che si è tramandata da impresa a impresa senza che vi fosse il benché minimo sostegno normativo a legittimarla.
In realtà, l’impiego di materiale realizzato da terzi nell’esercizio delle proprie iniziative nel settore dei media audiovisivi può riguardare situazioni fra loro del tutto diverse come, ad esempio, il diritto di informare il pubblico attraverso la televisione circa accadimenti attuali di interesse collettivo e, di converso, l’impiego di contenuti di terzi, tutelati dalla legge autore, allo scopo di inserirne una parte all’interno di un prodotto audiovisivo o di un programma televisivo di propria realizzazione.
La sostanziale differenza fra i due casi, quello di utilizzare brevi estratti di programmi altrui per esercitare il diritto di cronaca, e quello di impossessarsi di porzioni di opere di terzi per completare una propria realizzazione, è evidente. Si tratta, infatti, di sfruttamenti che trovano radice in esigenze almeno apparentemente opposte: il diritto all’informazione, che oggi si esplicita soprattutto attraverso la comunicazione multimediale, e l’opportunità di impiegare brani di opere altrui per completare l’opera propria, rendendola in tal modo più appetibile al grande pubblico. Mentre il primo aspetto, quello puramente informativo, è regolato per legge, prevedendosi all’articolo 32-quater del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici la facoltà di sfruttamento, a determinate condizioni, di brani o parti di opere tutelate, il secondo passa attraverso il consenso espresso dal titolare dei diritti, il quale deve concedere una licenza a chi intenda avvalersi lecitamente di parte dei diritti che insistono sulla sua opera.
L’argomento che è stato qui sommariamente illustrato, è divenuto oggetto di una recente sentenza del Tribunale di Roma resa in una controversia che ha visto opposto un produttore cinematografico e un’impresa televisiva ( sentenza-17667-2015 ) in merito allo sfruttamento all’interno di un programma dell’emittente, di alcuni brani tratti da un film/documentario realizzato dal primo, i quali sono stati inseriti nello “special” televisivo senza informare l’autore e in carenza del suo consenso.
Oltre a censurare e a inibire tale comportamento dell’emittente, la decisione del tribunale ha enucleato nella propria articolata e approfondita analisi della vertenza alcuni ulteriori principi che possono essere così brevemente riassunti:
il fatto che un’emittente televisiva sia stata in precedenza licenziataria dei diritti su un film/ documentario, non l’autorizza a usarne dei brani in altri programmi televisivi senza il consenso espresso del titolare dei diritti su tali contenuti;
la durata della tutela temporale dei documentari è pari a quella delle opere cinematografiche, ove i primi possano essere considerati, per le caratteristiche che li connotano, opere creative;
le risultanze del Pubblico registro cinematografico e le indicazioni riportate sulla pellicola fanno fede circa la paternità e la provenienza dell’opera da un determinato produttore, salvo prova contraria, in base a quanto disposto dall’articolo 103, quinto comma, della legge autore.
Il giudice ha del pari escluso l’applicazione nel caso di specie dell’articolo 70 della legge 633/1941, in quanto tale norma consente il riassunto, la citazione o la riproduzione di un’opera solo per scopi di critica e di discussione e, comunque, a condizione che tali impieghi non si pongano in concorrenza con l’utilizzazione dell’opera riprodotta. Inoltre, nel caso in questione, essa stessa non era stata oggetto di critica o di discussione diretta, come la norma prescrive quale ulteriore requisito per la liceità dell’utilizzo.
fonte: http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2015-10-28/no-all-uso-libero-3-minuti-filmato-161149.php?uuid=ACLyjxOB