La responsabilità oggettiva di un portale di news che pubblica commenti “accesi”, senza filtrarli, è incompatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. È ancora una volta la Corte di Strasburgo a circoscrivere il perimetro di azione dei giudici nazionali che applicano sanzioni in materia di diffamazione. Con la sentenza del 2 febbraio di condanna all’Ungheria, nel caso Magyar, la Corte dei diritti dell’uomo ha precisato che ai portali di news si applicano le regole in materia di libertà di stampa, anche quando si tratta di commenti di terzi. Questo vuol dire che, sul piano interno, vanno considerati i criteri di protezione fissati a Strasburgo per tutelare la stampa.
A rivolgersi alla Corte europea, un portale di news e un ente di autoregolamentazione dei prestatori di servizi di contenuti internet ritenuti responsabili per i commenti pubblicati da alcuni utenti (obbligati unicamente alla registrazione), critici verso siti web di annunci immobiliari. Questo malgrado il portale avesse rimosso il commento ritenuto volgare. Una condanna, per Strasburgo, contraria all’articolo 10 della Convenzione che assicura il diritto alla libertà di espressione. I giudici nazionali – osserva Strasburgo – hanno ignorato la giurisprudenza della Corte europea in materia di libertà di stampa che va applicata anche se il portale non è l’editore dei commenti. Di conseguenza, i portali godono di un’ampia libertà, pur nel rispetto di responsabilità e doveri propri degli editori, che va limitata unicamente nei casi di hate speech e incitamento alla violenza. È vero che i commenti di alcuni utenti contenevano frasi volgari – certo non protette dall’articolo 10 – ma la singola frase non può essere decisiva nella valutazione sulla diffamazione. D’altra parte, lo stile è un elemento della comunicazione come forma di espressione e, quindi, di per sé protetto dall’articolo 10. I giudici nazionali, poi, devono considerare la specificità dello stile relativo alla comunicazione via web, che ha proprie peculiarità. In ogni caso, l’attività del portale, che mette a disposizione il proprio spazio a terzi per commenti sul sito, rientra tra le attività giornalistiche e, quindi, si deve applicare il principio fissato da Strasburgo in base al quale non è possibile punire un giornalista per aver disseminato dichiarazioni di altri, in modo analogo a quanto avviene per interviste riprodotte sulla carta stampata o in televisione. E questo anche se non c’è un sistema di filtro dei commenti perché ciò non implica l’assunzione di responsabilità del portale. Se si pongono troppi oneri di controllo è evidente il rischio di una restrizione alla libertà di informazione su internet. Necessario, inoltre, prima di sanzionare il portale, valutare il comportamento di chi si ritiene diffamato, tenendo conto che può richiedere la rimozione del contenuto.