Uncategorized / 2 Maggio 2015 / by Vincenzo Vinciguerra

La valutazione economica dei nomi a dominio su internet

I nomi a dominio su internet rappresentano l’indirizzo tramite il quale si accede ad un sito web
dedicato. La diffusione esponenziale dei domini crea notevoli opportunità ma anche problemi di
rilevanza giuridica, anzitutto in termini di registrazione, anche abusiva. Le tematiche assumono
particolare rilievo quando il dominio è associato ad un sito e a un marchio già registrato e utilizzato,
soprattutto se rinomato.Le tematiche di valutazione si ricollegano agli aspetti giuridici,
stragiudiziali o contenziosi (per cybersquatting o altro), e ne rappresentano la stima a livello economico.
In tale ambito, la valutazione di un dominio discende dai criteri generali utilizzati per la
stima delle risorse immateriali, declinati per considerare la peculiare fattispecie, a partire dal site
naming. Rilevano, in questo ambito, spunti di riflessione ispirati al domain licensing, all’indicizzazione
delle ricerche sul web o ad altri parametri empirici.

 

Definizione e caratteristiche tecniche

 

Il dominio su internet è un insieme di simboli alfa- numerici che vanno a comporre un nome, seguito da un’estensione definita dalle singole Registration Authorities, capace di associarsi in maniera univoca ad un DNS (1), ossia un sistema che permette di convertire da un nome a dominio ad un indirizzo Ip (Internet Protocol).

Il dominio identifica in maniera precisa il nome (di un privato, ente o azienda, ovvero organizzazio- ne) su internet. Si tratta dell’elemento di un sito che consente all’utilizzatore di raggiungere un de- terminato indirizzo, cui corrisponde uno specifico sito web, digitando il nome alfanumerico (nella sua interezza o anche con parole chiave o abbreviazio- ni, attraverso motori di ricerca (2)).

La registrazione di un dominio non necessariamente è associata allo spazio web che ne ospita i contenuti, in termini di hosting (3).

I domini internet sono classificati dalla IANA (4) (Internet Assigned Numbers Authority) in due tipi diversi:

  • i domini internet di primo livello nazionali (country code top level domain o ccTLD) che sono usati da uno stato o hanno una dipendenza territo- riale (ad esempio, .it in Italia; .eu in Europa, .fr in Francia, ).
  • i domini internet di primo livello generici (generic top level domain o gTLD) che sono utilizzati da parte di enti commerciali o non profit o pubblici ovvero da

Le estensioni generiche più note, rappresentate da abbreviazioni, sono le seguenti:

  • .COM. (abbreviazione di “commerciale”);
  • .NET. (“network”);
  • .ORG. (“organization”);
  • .INFO. (“information”);
  • .BIZ. (“business”);
  • .GOV. (“government”);

 

  • A livello centralizzato, lo smistamento e l’architettura in- frastrutturale dei domini sono assicurati dal Domain Name Sy- stem (DNS), un sistema utilizzato per la risoluzione di nomi dei nodi della rete (host) in indirizzi IP e vicevers Il servizio è rea- lizzato tramite un database distribuito, costituito dai server DNS. Il DNS denota anche il protocollo che regola il funziona- mento del servizio, i programmi che lo implementano, i server su cui questi girano, l’insieme di questi server che cooperano per fornire il servizio. Si veda http://www.webhostingmagazi-ne.it/dominio-internet/ e http://www.dnssec.net/.

Dal 2013, l’ICANN (Internet Corporation for Assi- gned Names and Numbers) (5), ha approvato un ac- cordo di registro per mettere in vendita più di

1.000 nuovi domini di primo livello generici (gTLD). I nuovi gTLD includono all’interno delle

loro estensioni, dei termini legati al tipo di attività

(come ad esempio, .hotel, .sports, .pizza, .software), al tipo di azienda (.spa, .srl…), ma anche nomi di città (tra quelle italiane è previsto .roma).

Esistono inoltre domini di secondo livello, che

consistono nella parte che precede il dominio inter- net di primo livello. Il numero dei livelli si conta all’inverso da destra verso sinistra (6).

Si hanno poi i domini di terzo livello che risiedono

nella parte più a sinistra (facendo l’esempio di maps.google.com, “maps” è un sotto-dominio, ossia è parte di un dominio più ampio (7)).

Tra i domini di terzo livello, esistono anche i do- mini che iniziano con www2 o www3, www?., uti-

lizzati per identificare server alternativi, solitamen- te per smistare il carico sul server principale.

In sostanza, il nome a dominio ha una struttura

“ad albero”, ramificata in parti che contengono ri- ferimenti via via sempre più puntuali.

L’indirizzo completo del dominio è, in sintesi, com- posto da un’etichetta alfanumerica suddivisa in tre elementi:

  • www indica il protocollo utilizzato per raggiungere il dominio;
  • la parte centrale indica il nome scelto (second le- vel domain, attribuito univocamente ad un solo sog-

getto e fisicamente delocalizzato, a differenza del-

l’indirizzo postale (8));

  • la parte finale, ad esempio .it, indica l’estensione o il top level domain (TLD).

Il dominio può spesso essere associato ad indirizzi

e-mail simili nella denominazione, in cui dopo il segno @ è riportato il dominio o la parte più di- stintiva dello stesso.

La diffusione esponenziale dei domini internet crea opportunità un tempo impensabili e pone al con-

tempo nuovi interrogativi, di tipo giuridico e an- che  economico-valutativo.

 

Assegnazione dei domini

 

L’internet Governance rappresenta, in senso lato, tutte le attività relative alla rete internet e al suo sviluppo, anche in tema di regole di naming per i domini e di funzionamento delle Naming Authori- ties.

Il World summit on Information Society (9) ha de- finito i ruoli svolti dalle parti in causa e riguarda varie aree: il coordinamento delle policy pubbliche nazionali, lo sviluppo e il coordinamento delle po- litiche ai livelli regionale e internazionale, la pro- mozione della ricerca e sviluppo di nuove tecnolo- gie, le misure finalizzate a combattere i crimini on- line, la cooperazione internazionale e regionale e la risoluzione e l’arbitrato delle dispute.

L’ICANN è un ente non profit americano che si occupa di coordinare gli indirizzi IP e i nomi a do- minio.

In Italia, la struttura che si occupa del manteni- mento dei database e della gestione del nameserver primario è registro.it (10).

Il sistema di assegnazione dei domain names si regge su due principi fondamentali:

  1. principio dell’“unicità” del nome a dominio, nel

senso che non possono esistere due indirizzi internet

identici, ossia due indirizzi col medesimo SLD;

  1. principio del “first come, first served” (prior in tempore, potior in jure): il nome a dominio viene as- segnato al primo richiedente, senza che sia neces- saria un’indagine di merito volta ad appurare se il registrante abbia o no un effettivo titolo a vedersi assegnato il dominio da lui prescel Quest’ultimo criterio può causare controversie se viene registrato un dominio che si sovrappone ad un marchio altrui e trova un limite in presenza di rischio di confusio- ne per il pubblico, che può sfociare nella concor- renza sleale (11).

 

 

 

  • La struttura che gestisce internet non è il prodotto di una gerarchia, ma emerge da migliaia di privati che dal basso verso l’alto danno un contributo. Ci si riferisce a essi come “stakeholders” in generale e include, registratori di domini, or- ganizzatori di indirizzi IP, internet providers e utenti individual I vari paesi lasciano una diversa libertà di utilizzo del web e spesso le società che operano su Internet sono spinte a fare un’auto censura per evitare sanzioni o rischiare la chiusura (si veda l’esempio della Cina). Cfr. https://new.icann.org/.
  • Ad esempio, nei siti .gov.it è la parte .gov che precede .it

.

 

Cenni sugli aspetti giuridici

 

In ambito giuridico, emergono problematiche “stragiudiziali” di riconoscimento giuridico del be- ne, registrazione, licenza d’uso, idoneità del domi- nio ad essere usato come collaterale per garanzie e altre fattispecie contrattuali, ovvero contenziosi, ad esempio in caso di pignoramento, contraffazio- ne, cybersquatting (12) o domain grabbing, con con- seguenti fattispecie di danno emergente e lucro cessante.

Come rileva Saetta (13), i nomi a dominio sono soggetti sia alla disciplina sul diritto al nome (14), come tutelato dagli artt. 6, 7, 8 e 9 c.c. (15), sia al- la disciplina dei marchi e dei segni distintivi (16).

Il nome a dominio, però, non è solo l’indirizzo te- lematico usato da un sito web per fini personali, ma può essere anche un segno distintivo in presen- za di un impiego commerciale connesso all’attività d’impresa, realizzata mediante il corrispondente si- to web (nome a dominio aziendale). In tal caso il nome a dominio acquisisce una valenza distintiva dell’impresa che opera nel mercato e svolge anche una funzione pubblicistica. Nel codice della pro- prietà industriale esso viene equiparato agli altri se- gni distintivi, godendo quindi della medesima tute- la giuridica.

Essendo il nome a domino anche un segno distinti- vo alla stessa stregua del marchio registrato, è pos- sibile, per chi si sentisse defraudato dalla preceden- te registrazione di un nome di dominio da parte di terzi, ricorrere ad un tribunale per ottenerne la riassegnazione.

L’inquadramento giuridico ed economico del nome dominio va effettuato in un’ottica puntuale, tesa a coglierne le specifiche caratteristiche distintive, ma anche con un più ampio approccio analogico.

In tale ambito, rileva il riferimento a risorse imma- teriali, a vario titolo giuridicamente tutelate, quali ad esempio:

  • anzitutto i marchi/segni distintivi ovvero anche,

in senso estensivo, i loghi ovvero la ditta, l’insegna pubblicitaria, le testate o denominazioni; ciò anche considerando che un marchio è tipicamente asso- ciato al dominio, anche se quest’ultimo ha una na- tura meramente denominativa e non anche emble- matica (17);

  • il software, in senso più lato, essendo la risorsa immateriale che supporta i

I domini hanno rilevanza anche come oggetto di espropriazione e possono costituire oggetto di pro- cedure esecutive o di garanzie. Questo tema è am- piamente trattato in altri; nel nostro ordinamento

resta un terreno prevalentemente inesplorato. La questione non è meramente dogmatica o classifica- toria, ma, anzi ha una rilevanza pratica: è di prima evidenza, infatti, che la configurabilità del domain

name come bene, oggetto di diritti reali ed assoluti, lo renderebbe assoggettabile ai rimedi e alle proce- dure che coinvolgono il patrimonio del soggetto. Tuttavia, tale ricostruzione soffre evidentemente,

da un lato, dell’opinabilità del tentativo di ricon- durre i nomi di dominio alla tradizionale teoria dei “beni” e, dall’altro, della stessa difficoltà di confi- gurare un diritto di proprietà sui beni immateria-

li (18).

 

Giurisprudenza

Ancora Saetta, cit., rammenta che la giurispruden- za, sia italiana che straniera, chiamata a giudicare sui numerosi casi emersi, ha affermato più volte il principio della equiparazione di internet al mondo reale, sancendo nel contempo che l’uso di un no- me a dominio che riproduca un marchio registrato

 

 

 

  • accaparramento di nomi sotto forma di dominio, corri- spondenti a marchi o a nomi altrui, posto in essere dai domain name trolls. Ha due finalità tipiche: la realizzazione di lucro sul trasferimento del dominio a chi ne abbia interesse e la concor- renza sleale, ad esempio sviando la clientela del concorrente sul proprio sito o sui propri prodotti. Il typosquatting consiste nella registrazione di varianti di nomi o marchi conosciuti, che possono essere oggetto di reindirizzamento da motori di ricer- ca con correttore ortografic Il renewal snatching consiste in- vece nella registrazione computerizzata di un dominio altrui immediatamente dopo la periodica scadenza, sfruttando l’iner- zia o il ritardo del titolare precedente nel rinnovarla.
  • Si veda, estensivamente, http://brunosaetta.it/marchi- e-brevetti/nomi-a-dominio.html.
  • Con riferimento ai nomi di persona, il codice civile sta- bilisce che la persona la quale contesti l’uso del proprio nome

o che possa risentire del pregiudizio dall’uso che altri indebita- mente ne faccia, può chiedere la cessazione del fatto lesivo ol- tre al risarcimento dei danni. Ciò vuol dire che Tizio può citare in giudizio Caio se quest’ultimo apre un sito internet col nome

a dominio tizio.it, danneggiando in questo modo il vero Tizio.

  • L’ar 9 c.c. si riferisce allo pseudonimo quando abbia acquisito l’importanza del nome.
  • Prevista dagli ar 2569-ss. c.c. e dal codice della pro- prietà industriale.
  • Vi possono essere rilevanti problemi giuridici in tema di registrazione di un dominio, coincidente con un marchio, specie se celebre; ciò soprattutto se si verificano fenomeni di acquisto selvaggio dei nomi di dominio più semplici da ricor- dare, perché costituiti da parole di uso comune o da marchi celebri, al fine di rivenderne in un secondo tempo la proprietà ai soggetti interessati e ad un prezzo assai più elevato di quan- to corrisposto per la registrazione (d. cybersquatting o do- main grabbing). L’affinità può generare problemi di confusione, svilendo il marchio cui non è associato il corrispondente domi-

nio.  Si  veda  http://www.dirittodellinformatica.it/ict/ict-focus/no-

me-dominio-tutela-giuridica-marchio.html. e P. Sammarco, Il regime giuridico dei “nomi a dominio”, Milano, 2002.

La giurisprudenza è sostanzialmente concorde nel ritenere che i domain names non debbano essere considerati meri indirizzi telematici, ma alla stre- gua di segni distintivi: “con qualche affinità con la figura dell’insegna, in quanto il sito stesso configu- ra il luogo (virtuale) ove l’imprenditore contatta il cliente fino a concludere con esso il contrat- to” (19). Da ciò consegue il divieto di adottare co- me dominio un segno uguale o simile ad un mar- chio altrui, se a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività d’impresa dei titolari del dominio ed i prodotti o servizi per quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può anche consistere in un rischio di associazione fra i due segni. Eventuali particelle ag- giuntive (.it, .net, .com, ecc.) sono state ritenute prive di attitudine distintiva, “essendo relative alla mera localizzazione geografica propria dell’elabora- tore cui il sito appartiene” o comunque troppo ge- neriche (20).

Il tribunale di Milano (21) ha stabilito che non è possibile registrare una parola di uso comune come marchio a meno che non venga rielaborata grafica- mente, ma è possibile registrare un dominio che consista anche in una parola di uso comune qualo- ra questa sia associata a un marchio (22).

Per quanto riguarda la confondibilità di un domi- nio internet, il Centro Risoluzione Dispute Domini (CRDD) tutela i soggetti vittime del cybersquat- ting (23).

Un caso interessante è quello di IMPREBANCA

S.p.a. (24), relativo a una banca che il giorno suc- cessivo alla presentazione dell’attività a Roma, alla presenza di politici e giornalisti, si vede registrare da un’agenzia pubblicitaria il dominio “impreban- ca.it”. Il CRDD ha dato ragione alla banca e pro-

ceduto alla riassegnazione dello stesso.

Bisogna sottolineare che la procedura di riassegna- zione del dominio non ha natura giurisdizionale, e come tale non preclude alle parti il ricorso, anche successivo, alla magistratura o all’arbitrato.

Il ricorrente può in alcuni casi rifarsi anche sull’in- ternet provider che ha provveduto a registrare il do- minio omonimo, in quanto secondo una parte del- la giurisprudenza è complice. Il danneggiato cerca spesso di rivalersi non solo sul titolare del dominio, che molto spesso non è in grado di risarcire il dan- no, ma anche sull’internet provider che generalmen- te ha capienza.

Un caso noto è quello della società editrice Com- pact che registrava tramite il provider Consulting- web i domini (www.intesabci.it, www.wwwintesa.it, www.wwwcariplo.it, www.wwwbci.it) per l’apertura di siti a pagamento poi ospitati sul server del provi- der stesso. Banca Intesa S.p.A., dopo aver ottenuto in sede cautelare i richiesti provvedimenti di inibi- toria e sequestro, iniziava il giudizio di merito ci- tando innanzi al Tribunale di Napoli la Compact Italia ed il provider.

La banca attrice deduceva di essere titolare di mar- chi, nonché di nomi a dominio, identici e simili ai nomi a dominio registrati dalla società convenuta e, nel merito, chiedeva al Tribunale adito di accer- tare che l’utilizzo delle denominazioni “Intesa”, “Intesabci”, “Cariplo” e “Bci” come nome a domi- nio, marchio o altro segno distintivo costituiva contraffazione dei marchi oltre che illecito concor- renziale, di inibire a controparte qualsiasi utilizzo di tali denominazioni, di condannare in solido i convenuti al risarcimento dei danni. Il Tribunale di Napoli accoglieva integralmente le domande at- toree, accertando la contraffazione dei marchi della banca, qualificati di rinomanza, e condannando, con pronunzia generica, i convenuti in via solidale al risarcimento dei danni (25).

Il Tribunale di Milano (26) in una sentenza relati- va al domain grabbing rileva quanto segue:

“la pratica confusoria illecita nota come domain grabbing consiste nella registrazione, presso la Naming Authority, del marchio altrui come nome a dominio, al solo fine di appropriarsi della notorietà del segno, costituisce in sé e per sé atto di contraf- fazione – censurabile ai sensi degli art. 22 c.p.i. – anche in quanto attività idonea a precludere al ti- tolare dei marchio l’utilizzo in internet come ulte- riore segno distintivo. La circostanza che il sogget- to registrante il nome a dominio sia stato licenzia- tario relativamente ai diritti di utilizzo del marchio non esclude la contraffazione essendo cessato ogni diritto in merito. L’utilizzo del marchio altrui come nome a dominio deve essere, pertanto, inibito e deve essere, inoltre, disposto il trasferimento del nome a dominio indebitamente utilizzati al legitti- mo titolare del diritto di marchio, la cui concreta esecuzione dovrà essere attuata – ai sensi dell’art. 118, comma 6 c.p.i. – per impulso dell’avente dirit- to nei confronti dell’autorità competente per la re- gistrazione dei nomi a dominio. Il danno patrimo- niale subito dal legittimo titolare – in assenza di criteri di quantificazione verificabili – a causa del- l’indebito utilizzo del nome a dominio deve essere liquidato  in  via  equitativa”.

 

I principi contabili

 

L’utilizzo di dati e informazioni contabili, desumi- bili in parte dai bilanci e più analiticamente da schede e partitari contabili, rappresenta una prezio- sa fonte informativa ai fini della valutazione eco- nomica dei danni.

Nell’ambito dei principi contabili, rileva il SIC 32

  • Attività immateriali – Costi connessi a siti web (27) (da aggiornare, con i nuovi principi con- tabili internazionali IFRS), in base al quale “le im- prese potrebbero sostenere costi interni per lo svi- luppo e il funzionamento del proprio sito web sia per l’utilizzo interno che estern Un sito web pro- gettato per uso esterno potrebbe essere utilizzato per vari fini quali la promozione e la pubblicità dei prodotti e dei servizi dell’impresa, la fornitura di servizi elettronici e la vendita di prodotti e servizi. Un sito web progettato per l’utilizzo interno po- trebbe essere utilizzato per archiviarvi le politiche societarie e i dettagli dei clienti nonché per cercare importanti informazioni”.

Il SIC 32 rileva anche che le fasi dello sviluppo di un sito web possono essere descritte come segue:

  • Pianificazione – include l’effettuazione di studi di fattibilità; la definizione delle finalità e delle ca-

ratteristiche tecniche, la valutazione di più alterna- tive proposte e la scelta delle soluzioni ritenute mi- gliori.

  • Sviluppo degli aspetti applicativi e infrastruttu- rali – comprende l’ottenimento di un dominio, l’ac-

quisto e lo sviluppo di un hardware e di un software

operativo, l’installazione di applicazioni sviluppate e di verifiche sotto sollecitazione.

  • Sviluppo del design grafico – comprende la pro- gettazione dell’aspetto grafico delle pagine
  • Sviluppo del contenuto – comprende la creazio- ne, l’acquisto, la preparazione e il caricamento del- le informazioni, sia che esse siano di testi o di na- tura grafica, sul sito web prima del completamento dello sviluppo del sito web medesimo. L’informa- zione può essere immagazzinata in distinti database che risultino integrati nel (o accessibili dal) sito web o codificati direttamente nelle pagine web.

Una volta che lo sviluppo di un sito web è stato completato, inizia la fase operativa, durante la qua-

le un’impresa mantiene e migliora le applicazioni,

l’infrastruttura, il design grafico e il contenuto del sito web.

Nella contabilizzazione dei costi interni sostenuti per lo sviluppo e l’esecuzione del sito web dell’im- presa per un utilizzo interno o esterno, i problemi consistono nel determinare:

  • se il sito web è un’attività immateriale generata internamente che è soggetta alle disposizioni dello IAS 38; e
  • il corretto trattamento contabile per tali Il riferimento ai siti web rileva, in via analogico – estensiva, in assenza di principi ad hoc relativi ai domini.

Lo IAS 38 statuisce i criteri di contabilizzazione e l’informativa di bilancio relativi alle attività imma-

teriali (28) che non sono specificatamente trattate

da altri principi contabili internazionali.

Il sito web di un’impresa originato dallo sviluppo e destinato all’utilizzo interno o esterno costituisce un’attività immateriale generata internamente, soggetta alle disposizioni dello IAS 38.

Qualsiasi spesa interna legata allo sviluppo e al funzionamento del sito web, deve essere contabiliz- zata in conformità con lo IAS 38. La natura di cia- scuna attività per la quale la spesa è sostenuta (per esempio la formazione dei dipendenti e la manu- tenzione del sito web) e la fase di sviluppo o suc- cessiva allo sviluppo del sito web devono essere valutate per determinare il trattamento contabile più appropriato.

 

Valutazione dei beni immateriali e stima dei domini

 

Il dominio internet può essere talora oggetto di va- lutazione autonoma ovvero – più spesso – associata al sito web che ne ospita i contenuti. Dominio e si- to costituiscono, nei fatti, un binomio difficilmente scindibile, che impatta sul valore del marchio tra- dizionalmente associato al dominio.

Dominio, sito e marchio non sono quindi beni im- materiali del tutto interdipendenti: al dominio non

è  necessariamente  associato  un  marchio  (mentre

un marchio ben difficilmente può prescindere da una visibilità anche sul web, essendo quindi asso-

ciabile a un dominio e a un sito); il dominio senza sito è una sorta di guscio vuoto (caratterizzato da

un valore potenziale, in quanto “riempibile”); il si- to trova nel dominio un imprescindibile canale di

indirizzamento.

La valutazione combinata (dominio + sito + mar- chio) è peraltro un’operazione tipica di un portafo-

glio di intangibili, che ha diverse analogie (mar-

chio + brevetto + etc.).

La valutazione integrata del dominio con il mar- chio deve considerare anche il logo, che del mar-

chio caratterizza l’emblema grafico; ciò soprattutto

se il dominio è associato ad un’App (per smartphone

o tablet), che agevola l’indirizzamento verso un si- to, a sua volta localizzato tramite il dominio.

Il site naming è basato su strategie di marketing sem-

pre più sofisticate, anche a causa del sovraffolla- mento dei domini, che può essere in parte risolto

ricorrendo a diversi top level domains.

Meno pertinenti e immediati sono i riferimento al

software, che regola il funzionamento dei domini senza peraltro influenzare più di tanto la valutazio-

ne.

Ciò premesso, la valutazione del dominio può esse- re effettuata utilizzando una combinazione di tre

tradizionali metodologie di valutazione dei beni

immateriali, utilizzate ad esempio nella stima dei marchi (29):

  • il metodo reddituale (30) (income approach) per valutare i siti internet e i domini ad essi associati è

forse il più utilizzato e consiste nel calcolare il va-

lore attuale dei futuri profitti attribuiti al sito inter- net utilizzando i flussi reddituali ovvero finanziari (discounted cash flow), che consiste nell’attualizza- zione dei flussi, opportunamente scontati anno per anno. Si basa, alternativamente:

  1. sull’attualizzazione dei redditi o dei flussi di cassa che derivano dallo sfruttamento della risorsa im- materiale;
  2. sull’attualizzazione delle royalties presunte che

l’impresa pagherebbe se la risorsa immateriale non fosse di proprietà;

  1. sull’attualizzazione dei redditi o dei flussi di cassa

differenziali (incrementali), che si basa sulla quan- tificazione e attualizzazione dei benefici attesi, ri- spetto a situazioni che non prevedano la presenza dell’intangibile  considerato (31);

  • il metodo di mercato (market approach) per valu- tare un sito consiste nel considerare le transazioni di valore simile, e le differenze sono rettificate uti-

lizzando i multipli come parametro di confronto per le valutazioni (32). Il valore di domini simili è considerato come termine di paragone per la stima;

  • il metodo del costo (cost approach) considera il costo per registrare il dominio e i costi connessi:

l’hosting, il costo per la costruzione del sito, per la creazione del contenuto del sito internet. Si consi- dera inoltre a quanto ammonterebbe il costo ri- chiesto per ricreare ex novo un dominio simile, va- lutando i costi di ricostruzione e rimpiazzo, esigui

in termini di registrazione ma potenzialmente rile- vanti se i domini ricercati dovessero già essere uti- lizzati.

Tutte e tre le metodologie possono essere utilizzate, in via alternativa o complementare, per stimare il

valore del dominio. Servono inoltre conoscenze specifiche per stimare gli elementi che generano valore nel sito internet connesso al dominio, quali ad esempio il volume di traffico, i tassi di conver- sione, la rarità del nome del dominio, il ranking del

sito e il mercato o il settore merceologico.

Come si vedrà meglio infra nel par. 5.1., le royalties presunte (33) sono stimate anche in funzione dei redditi (o dei flussi di cassa) incrementali che deri- vano dallo sfruttamento della risorsa immateriale e

che interagiscono anche con il plusvalore di mer- cato o i moltiplicatori di società comparabili; il pa- trimonio incrementale deriva da un accumulo negli anni del reddito differenziale generato dallo sfruttamento del dominio; i costi di riproduzione stimano i benefici futuri e la stima autonoma del- l’avviamento differenziale, basato sulla media tra metodi patrimoniali e reddituali.

Una volta individuata la metodologia più appro- priata, bisogna declinarne i contenuti, applicando i principi generali alla specifica valutazione dei do- mini. La valutazione economica può orientare la stima equitativa del danno.

Tra i parametri che vengono tenuti in considera- zione per la valutazione di un dominio, rilevano:

  • il nome del dominio;
  • l’importo lordo guadagnato mensilmente;
  • le spese in pubblicità e hosting;
  • il numero di mesi durante i quali il sito ha pro- dotto un guadagno simile a quello attuale;
  • la tipologia del sito (sito web statico o dinamico, sito di e-commerce, sito web flash, portale web, blog (34));
  • il numero di visitatori unici (35);
  • il numero di pagine viste per mese;
  • il numero di membri che si sono registrati sul si- to;
  • il volume e l’unicità dei

 

Domain name licensing e royalties (presunte)

Il domain name licensing è una pratica, frequente negli Stati Uniti, che consiste nel concedere in li- cenza domini registrati e non utilizzati. L’analisi degli accordi di licenza può fornire utili indicazioni sul valore dei domini, da utilizzare in via comple- mentare con altre metodologie di valutazione.

Un metodo empirico agevolmente applicabile si basa sulla determinazione delle “royalties presunte” che il titolare del dominio avrebbe richiesto per autorizzare terzi allo sfruttamento dello stesso (si parla anche di metodo del “prezzo di consenso”). Il relief-from-royalties method è particolarmente indi- cato laddove si voglia arrivare alla determinazione di un valore di scambio del dominio.

Il presumibile valore di mercato del dominio è sti- mabile come somma attualizzata delle royalties (36) presunte (che l’impresa pagherebbe come licenzia- taria se il dominio non fosse di sua proprietà) at- tualizzate, in un orizzonte temporale tendenzial- mente di almeno 3 – 5 anni e comunque non supe- riore alla sua scadenza.

Il concetto di reasonable royalty può assumere rilie- vo anche in ambito contenzioso, nella quantifica- zione del danno per illecito utilizzo del dominio.

In sede nazionale, e in attuazione ai principi gene- rali da ultimo rivisti d all ’ OCSE nel l uglio 2010 (37), rileva la (datata, ma tuttora valida) cir- colare ministeriale del 22 settembre 1980, n. 9/2267 (“Prezzo di trasferimento e valore normale nella determinazione dei redditi di imprese assog- gettate a controllo estero”). La circolare si occupa di cessioni di beni immateriali nel cap. V.

Queste fonti normative e interpretative tendono a identificare i criteri guida per stabilire quale debba essere il “valore normale” nelle operazioni, facendo riferimento al criterio generale di prezzi determina- ti in regime di libera concorrenza e quindi rispon- denti a una corretta logica economica. La predetta circolare ministeriale indica come canoni congrui percentuali fino al 5% del fatturato.

Tale percentuale può oscillare tra valori minimi e massimi e si deve far riferimento anche al tipo di mercato in cui opera l’impresa. In casi eccezionali, relativi a domini celebri, soprattutto nell’ambito di particolari settori merceologici, le percentuali pos- sono anche essere più elevate.

Le royalties possono essere applicate anche in caso di domain parking, da parte del proprietario del do- minio che si limita a registrare il nome, senza asso- ciarlo ad un sito o a indirizzi e-mail, al solo fine di poterlo locare a terzi utilizzatori.

 

I parametri empirici di valutazione

 

Il valore strategico di un dominio particolarmente appetibile può condurre a prezzi negoziati partico- larmente elevati e ben superiori al suo ipotetico

 

 

 

  • A seconda dell’utilizzo richiesto esistono vari tipi di siti internet: i siti statici sono sempre uguali e presentano pagine di sola lettura, i siti web dinamici hanno interazione tra sito e utente; i siti di e-commerce sono siti dinamici e servono per vendere dei prodotti; i siti web flash sono siti che contengono animazioni grafiche, i portali web sono siti molto grandi che comprendono vari tipi di documenti, informazioni e video; i blog sono una sorta di diario in ordine cronologico che permet- te di leggere articoli pubblicati dall’autore.
  • Identificati dalla somma di tutti i cookies persistenti uni- voci contati nel periodo di
  • Il concetto di royalty (canone), che etimologicamente

deriva dalla “rendita sovrana”, è generico e può meglio essere specificato – come tipicamente si fa nei contratti di licenza – in- dividuandone la natura esclusiva o meno, le categorie merceo- logiche e il territorio di applicazione, la durata, la possibilità o meno di sub-licenziare e altre caratteristiche. Sotto il profilo economico, rileva anche l’analisi del mercato effettivo e poten- ziale di riferimento, l’impegno a sviluppare e sostenere l’intan- gible con adeguati investimenti, la profittabilità attuale e po- tenziale del prodotto, etc.

 

 

 

 

valore intrinseco (38), soprattutto se tale dominio costituisce la “porta d’ingresso” per accedere ad un sito strategicamente rilevante.

Per analizzare il valore di un sito legato ad un dominio, in una situazione “normale” si utilizzano di- versi parametri, basati su personalizzazioni e decli- nazioni dei metodi generali sopra descritti.

Per avere una valutazione si può ricorrere a siti in- ternet specializzati (39) che fanno in tempo reale

una stima grossolana (“quick and dirt”) del sito, che può essere usata come base orientativa di partenza per più approfondite valutazioni.

Queste valutazioni indicative rappresentano non

tanto dei metodi di valutazione, quanto piuttosto strumenti utilizzabili per fare dei confronti con siti simili in termini di numero di visite o nicchia di mercato.

I parametri da tenere in considerazione sono desu-

mibili, ad esempio, dalle seguenti fonti:

  • DMOZ (40), classificatore tematico di siti web;
  • il ranking Alexa (41);
  • il page rank di Google o di Yahoo;
  • Quantcast (42), che misura il traffico di molti siti web;
  • Compete (43), che analizza il traffico web.

Esistono inoltre vari metodi di valutazione di siti

internet che sono stati brevettati e sono posseduti da Google. Ad esempio il metodo di “web site va-

luation” di Glassman e Arvelo (44) consente di va- lutare automaticamente un intero sito internet, ba- sandosi su una serie di variabili (45).

Un’altra applicazione rilevante consiste in un algo- ritmo che valuta il dominio (Domain appraisal algo- rithm) analizzandone il nome (46). Il processo è di- viso in diversi passaggi:

  1. una precisa valutazione delle parole chiave, lun-

ghezza e ricerca nel dizionario;

  1. una ricerca sulla popolarità della parola utiliz- zando dei database;
  2. un controllo sulla presenza nei ranking e l’età del dominio;
  3. una valutazione dei caratteri usati nomi verbi vocali consonanti;
  4. il pay per click (PPC) e la valutazione del ritorno

Per arrivare a una più compiuta valutazione di un

dominio, si possono considerare ulteriori parametri ed elementi. Ci si può anzitutto basare su una check-list in cui ci si pongono domande in merito al ricavo attuale del sito, al valore del settore mer- ceologico di riferimento (È un settore rischioso o stabile? Le grandi aziende stanno puntando su que- sta nicchia di mercato?), ovvero alle parole chiave presenti nel sito, che ne agevolano l’indicizzazione. Ci si deve anche chiedere se il dominio può essere utilizzato anche per altre categorie merceologiche.

I domini internet hanno un valore intrinseco, di- mostrato dal fatto che esistono delle vere e proprie case d’aste virtuali di siti internet (47). Il puro nome a dominio spesso ha un valore intrinseco limi- tato, se non associato tramite il relativo sito inter-

net a un prodotto noto o a un servizio reso indirizzandosi su quel determinato dominio.

I domini con valore elevato sono quelli corti (per-

ché facilmente memorizzabili), quelli contenenti keywords (parole chiave), preferibilmente legate al- l’attività e facilmente reperibili con l’indicizzazione basata su motori di ricerca e quelli con un “passato SEO” di buon livello.

La scelta di un dominio (IP domain check) può esse- re effettuata anche visitando preliminarmente siti ad hoc per aste di domini (48), registrando con tempestività quello selezionato ovvero selezionando un dominio in scadenza o messo all’asta. Anche dai  prezzi d’asta possono essere desunte informazio- ni di mercato sul valore dei domini.

 

L’indicizzazione dei motori di ricerca

La promozione di un sito web e del relativo domi- nio sui motori di ricerca è effettuata sia con la Search Engine Optimization (SEO) (49) sia con il Search Engine Marketing (SEM) (50).

La Search Engine Optimization comprende tutte le attività messe in atto allo scopo di migliorare il po- sizionamento delle pagine di un sito web sulle pagi- ne dei risultati dei motori di ricerca, in corrispon- denza di parole chiave ritenute più strategiche.

Il Search Engine Marketing indica l’insieme delle at- tività di web marketing svolte per incrementare la visibilità di un sito sui motori di ricerca e per gesti- re le campagne Pay-per-Click (51).

siti internet in particolare Google, per calcolare il page rank (52) tengono in considerazione nel loro algoritmo per la ricerca delle pagine:

  • il numero di pagine note;
  • il numero di pagine che contengono un link verso il sito;
  • l’importanza delle pagine che contengono il

link (53).

Ogni metodo di valutazione di siti e domini web tiene in considerazione il page rank di un sito inter- net, ma analizza anche altre variabili per analizzare il motivo per cui un sito si trova in alto nel ranking dei motori di ricerca. Molti siti internet vengono messi ai primi posti a pagamento.

La valutazione dipende anche dalle visite (54) che il sito riceve.

 

L’impatto della pubblicità online sul valore

Analizzando nello specifico la pubblicità online, si deve fare riferimento al metodo di calcolo del co- sto della pubblicità sui siti internet. I modelli prin- cipali con cui la pubblicità online viene pagata e venduta sono (55):

  • «Cost Per Thousand» (CPT) (56),
  • «Cost Per Click», (CPC) (57),
  • «Cost Per Visitor» (CPV) (58),
  • «Cost Per View» (CPV) (59),
  • «Cost Per Action» (CPA) (60),

È quindi essenziale, per valutare un dominio, capi- re qual è la sua redditività in termini di ritorni pubblicitari, perché essi permettono di generare dei flussi di cassa legati al numero dei visitatori e al loro apprezzamento dei contenuti del sito colle- gato. In questi casi, viene posta attenzione a non considerare eccessivamente questi elementi perché non tengono in considerazione tutti gli aspetti le- gati al valore di un dominio, alla notorietà, al mar- chio, etc.

 

Domini e social networks

I principali social networks, che possono incidere in maniera rilevante sulla valutazione, incrementando il valore “virale” dei domini e agevolandone la dif- fusione a livelli anche esponenziali, sono attual- mente (61) Facebook, Twitter, My space, Google plus, Linkedin.

 

Attraverso il web marketing, si possono porre in es- sere strategie evolute di:

  • benchmarking online (62);
  • online branding (63);
  • e-commerce (64);
  • e-learning (65);
  • online customer support (66).
  • studio degli scenari di
  • L’incremento della notorietà nella marca tramite l’utiliz- zo di

 

  • La vendita online di prodotti sia B2B sia
  • La formazione online del
  • L’assistenza clienti online.

 

autore: Roberto Moro Visconti – Docente di Finanza Aziendale nell’Università Cattolica di Milano – Dottore commercialista

Articolo tratto da “IL Diritto Industriale”, 1/15, 2015

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La valutazione economica dei nomi a dominio su internet

I nomi a dominio su internet rappresentano l’indirizzo tramite il quale si accede ad un sito web
dedicato. La diffusione esponenziale dei domini crea notevoli opportunità ma anche problemi di
rilevanza giuridica, anzitutto in termini di registrazione, anche abusiva. Le tematiche assumono
particolare rilievo quando il dominio è associato ad un sito e a un marchio già registrato e utilizzato,
soprattutto se rinomato.Le tematiche di valutazione si ricollegano agli aspetti giuridici,
stragiudiziali o contenziosi (per cybersquatting o altro), e ne rappresentano la stima a livello economico.
In tale ambito, la valutazione di un dominio discende dai criteri generali utilizzati per la
stima delle risorse immateriali, declinati per considerare la peculiare fattispecie, a partire dal site
naming. Rilevano, in questo ambito, spunti di riflessione ispirati al domain licensing, all’indicizzazione
delle ricerche sul web o ad altri parametri empirici.

 

Definizione e caratteristiche tecniche

 

Il dominio su internet è un insieme di simboli alfa- numerici che vanno a comporre un nome, seguito da un’estensione definita dalle singole Registration Authorities, capace di associarsi in maniera univoca ad un DNS (1), ossia un sistema che permette di convertire da un nome a dominio ad un indirizzo Ip (Internet Protocol).

Il dominio identifica in maniera precisa il nome (di un privato, ente o azienda, ovvero organizzazio- ne) su internet. Si tratta dell’elemento di un sito che consente all’utilizzatore di raggiungere un de- terminato indirizzo, cui corrisponde uno specifico sito web, digitando il nome alfanumerico (nella sua interezza o anche con parole chiave o abbreviazio- ni, attraverso motori di ricerca (2)).

La registrazione di un dominio non necessariamente è associata allo spazio web che ne ospita i contenuti, in termini di hosting (3).

I domini internet sono classificati dalla IANA (4) (Internet Assigned Numbers Authority) in due tipi diversi:

  • i domini internet di primo livello nazionali (country code top level domain o ccTLD) che sono usati da uno stato o hanno una dipendenza territo- riale (ad esempio, .it in Italia; .eu in Europa, .fr in Francia, ).
  • i domini internet di primo livello generici (generic top level domain o gTLD) che sono utilizzati da parte di enti commerciali o non profit o pubblici ovvero da

Le estensioni generiche più note, rappresentate da abbreviazioni, sono le seguenti:

  • .COM. (abbreviazione di “commerciale”);
  • .NET. (“network”);
  • .ORG. (“organization”);
  • .INFO. (“information”);
  • .BIZ. (“business”);
  • .GOV. (“government”);

 

  • A livello centralizzato, lo smistamento e l’architettura in- frastrutturale dei domini sono assicurati dal Domain Name Sy- stem (DNS), un sistema utilizzato per la risoluzione di nomi dei nodi della rete (host) in indirizzi IP e vicevers Il servizio è rea- lizzato tramite un database distribuito, costituito dai server DNS. Il DNS denota anche il protocollo che regola il funziona- mento del servizio, i programmi che lo implementano, i server su cui questi girano, l’insieme di questi server che cooperano per fornire il servizio. Si veda http://www.webhostingmagazi-ne.it/dominio-internet/ e http://www.dnssec.net/.

Dal 2013, l’ICANN (Internet Corporation for Assi- gned Names and Numbers) (5), ha approvato un ac- cordo di registro per mettere in vendita più di

1.000 nuovi domini di primo livello generici (gTLD). I nuovi gTLD includono all’interno delle

loro estensioni, dei termini legati al tipo di attività

(come ad esempio, .hotel, .sports, .pizza, .software), al tipo di azienda (.spa, .srl…), ma anche nomi di città (tra quelle italiane è previsto .roma).

Esistono inoltre domini di secondo livello, che

consistono nella parte che precede il dominio inter- net di primo livello. Il numero dei livelli si conta all’inverso da destra verso sinistra (6).

Si hanno poi i domini di terzo livello che risiedono

nella parte più a sinistra (facendo l’esempio di maps.google.com, “maps” è un sotto-dominio, ossia è parte di un dominio più ampio (7)).

Tra i domini di terzo livello, esistono anche i do- mini che iniziano con www2 o www3, www?., uti-

lizzati per identificare server alternativi, solitamen- te per smistare il carico sul server principale.

In sostanza, il nome a dominio ha una struttura

“ad albero”, ramificata in parti che contengono ri- ferimenti via via sempre più puntuali.

L’indirizzo completo del dominio è, in sintesi, com- posto da un’etichetta alfanumerica suddivisa in tre elementi:

  • www indica il protocollo utilizzato per raggiungere il dominio;
  • la parte centrale indica il nome scelto (second le- vel domain, attribuito univocamente ad un solo sog-

getto e fisicamente delocalizzato, a differenza del-

l’indirizzo postale (8));

  • la parte finale, ad esempio .it, indica l’estensione o il top level domain (TLD).

Il dominio può spesso essere associato ad indirizzi

e-mail simili nella denominazione, in cui dopo il segno @ è riportato il dominio o la parte più di- stintiva dello stesso.

La diffusione esponenziale dei domini internet crea opportunità un tempo impensabili e pone al con-

tempo nuovi interrogativi, di tipo giuridico e an- che  economico-valutativo.

 

Assegnazione dei domini

 

L’internet Governance rappresenta, in senso lato, tutte le attività relative alla rete internet e al suo sviluppo, anche in tema di regole di naming per i domini e di funzionamento delle Naming Authori- ties.

Il World summit on Information Society (9) ha de- finito i ruoli svolti dalle parti in causa e riguarda varie aree: il coordinamento delle policy pubbliche nazionali, lo sviluppo e il coordinamento delle po- litiche ai livelli regionale e internazionale, la pro- mozione della ricerca e sviluppo di nuove tecnolo- gie, le misure finalizzate a combattere i crimini on- line, la cooperazione internazionale e regionale e la risoluzione e l’arbitrato delle dispute.

L’ICANN è un ente non profit americano che si occupa di coordinare gli indirizzi IP e i nomi a do- minio.

In Italia, la struttura che si occupa del manteni- mento dei database e della gestione del nameserver primario è registro.it (10).

Il sistema di assegnazione dei domain names si regge su due principi fondamentali:

  1. principio dell’“unicità” del nome a dominio, nel

senso che non possono esistere due indirizzi internet

identici, ossia due indirizzi col medesimo SLD;

  1. principio del “first come, first served” (prior in tempore, potior in jure): il nome a dominio viene as- segnato al primo richiedente, senza che sia neces- saria un’indagine di merito volta ad appurare se il registrante abbia o no un effettivo titolo a vedersi assegnato il dominio da lui prescel Quest’ultimo criterio può causare controversie se viene registrato un dominio che si sovrappone ad un marchio altrui e trova un limite in presenza di rischio di confusio- ne per il pubblico, che può sfociare nella concor- renza sleale (11).

 

 

 

  • La struttura che gestisce internet non è il prodotto di una gerarchia, ma emerge da migliaia di privati che dal basso verso l’alto danno un contributo. Ci si riferisce a essi come “stakeholders” in generale e include, registratori di domini, or- ganizzatori di indirizzi IP, internet providers e utenti individual I vari paesi lasciano una diversa libertà di utilizzo del web e spesso le società che operano su Internet sono spinte a fare un’auto censura per evitare sanzioni o rischiare la chiusura (si veda l’esempio della Cina). Cfr. https://new.icann.org/.
  • Ad esempio, nei siti .gov.it è la parte .gov che precede .it

.

 

Cenni sugli aspetti giuridici

 

In ambito giuridico, emergono problematiche “stragiudiziali” di riconoscimento giuridico del be- ne, registrazione, licenza d’uso, idoneità del domi- nio ad essere usato come collaterale per garanzie e altre fattispecie contrattuali, ovvero contenziosi, ad esempio in caso di pignoramento, contraffazio- ne, cybersquatting (12) o domain grabbing, con con- seguenti fattispecie di danno emergente e lucro cessante.

Come rileva Saetta (13), i nomi a dominio sono soggetti sia alla disciplina sul diritto al nome (14), come tutelato dagli artt. 6, 7, 8 e 9 c.c. (15), sia al- la disciplina dei marchi e dei segni distintivi (16).

Il nome a dominio, però, non è solo l’indirizzo te- lematico usato da un sito web per fini personali, ma può essere anche un segno distintivo in presen- za di un impiego commerciale connesso all’attività d’impresa, realizzata mediante il corrispondente si- to web (nome a dominio aziendale). In tal caso il nome a dominio acquisisce una valenza distintiva dell’impresa che opera nel mercato e svolge anche una funzione pubblicistica. Nel codice della pro- prietà industriale esso viene equiparato agli altri se- gni distintivi, godendo quindi della medesima tute- la giuridica.

Essendo il nome a domino anche un segno distinti- vo alla stessa stregua del marchio registrato, è pos- sibile, per chi si sentisse defraudato dalla preceden- te registrazione di un nome di dominio da parte di terzi, ricorrere ad un tribunale per ottenerne la riassegnazione.

L’inquadramento giuridico ed economico del nome dominio va effettuato in un’ottica puntuale, tesa a coglierne le specifiche caratteristiche distintive, ma anche con un più ampio approccio analogico.

In tale ambito, rileva il riferimento a risorse imma- teriali, a vario titolo giuridicamente tutelate, quali ad esempio:

  • anzitutto i marchi/segni distintivi ovvero anche,

in senso estensivo, i loghi ovvero la ditta, l’insegna pubblicitaria, le testate o denominazioni; ciò anche considerando che un marchio è tipicamente asso- ciato al dominio, anche se quest’ultimo ha una na- tura meramente denominativa e non anche emble- matica (17);

  • il software, in senso più lato, essendo la risorsa immateriale che supporta i

I domini hanno rilevanza anche come oggetto di espropriazione e possono costituire oggetto di pro- cedure esecutive o di garanzie. Questo tema è am- piamente trattato in altri; nel nostro ordinamento

resta un terreno prevalentemente inesplorato. La questione non è meramente dogmatica o classifica- toria, ma, anzi ha una rilevanza pratica: è di prima evidenza, infatti, che la configurabilità del domain

name come bene, oggetto di diritti reali ed assoluti, lo renderebbe assoggettabile ai rimedi e alle proce- dure che coinvolgono il patrimonio del soggetto. Tuttavia, tale ricostruzione soffre evidentemente,

da un lato, dell’opinabilità del tentativo di ricon- durre i nomi di dominio alla tradizionale teoria dei “beni” e, dall’altro, della stessa difficoltà di confi- gurare un diritto di proprietà sui beni immateria-

li (18).

 

Giurisprudenza

Ancora Saetta, cit., rammenta che la giurispruden- za, sia italiana che straniera, chiamata a giudicare sui numerosi casi emersi, ha affermato più volte il principio della equiparazione di internet al mondo reale, sancendo nel contempo che l’uso di un no- me a dominio che riproduca un marchio registrato

 

 

 

  • accaparramento di nomi sotto forma di dominio, corri- spondenti a marchi o a nomi altrui, posto in essere dai domain name trolls. Ha due finalità tipiche: la realizzazione di lucro sul trasferimento del dominio a chi ne abbia interesse e la concor- renza sleale, ad esempio sviando la clientela del concorrente sul proprio sito o sui propri prodotti. Il typosquatting consiste nella registrazione di varianti di nomi o marchi conosciuti, che possono essere oggetto di reindirizzamento da motori di ricer- ca con correttore ortografic Il renewal snatching consiste in- vece nella registrazione computerizzata di un dominio altrui immediatamente dopo la periodica scadenza, sfruttando l’iner- zia o il ritardo del titolare precedente nel rinnovarla.
  • Si veda, estensivamente, http://brunosaetta.it/marchi- e-brevetti/nomi-a-dominio.html.
  • Con riferimento ai nomi di persona, il codice civile sta- bilisce che la persona la quale contesti l’uso del proprio nome

o che possa risentire del pregiudizio dall’uso che altri indebita- mente ne faccia, può chiedere la cessazione del fatto lesivo ol- tre al risarcimento dei danni. Ciò vuol dire che Tizio può citare in giudizio Caio se quest’ultimo apre un sito internet col nome

a dominio tizio.it, danneggiando in questo modo il vero Tizio.

  • L’ar 9 c.c. si riferisce allo pseudonimo quando abbia acquisito l’importanza del nome.
  • Prevista dagli ar 2569-ss. c.c. e dal codice della pro- prietà industriale.
  • Vi possono essere rilevanti problemi giuridici in tema di registrazione di un dominio, coincidente con un marchio, specie se celebre; ciò soprattutto se si verificano fenomeni di acquisto selvaggio dei nomi di dominio più semplici da ricor- dare, perché costituiti da parole di uso comune o da marchi celebri, al fine di rivenderne in un secondo tempo la proprietà ai soggetti interessati e ad un prezzo assai più elevato di quan- to corrisposto per la registrazione (d. cybersquatting o do- main grabbing). L’affinità può generare problemi di confusione, svilendo il marchio cui non è associato il corrispondente domi-

nio.  Si  veda  http://www.dirittodellinformatica.it/ict/ict-focus/no-

me-dominio-tutela-giuridica-marchio.html. e P. Sammarco, Il regime giuridico dei “nomi a dominio”, Milano, 2002.

La giurisprudenza è sostanzialmente concorde nel ritenere che i domain names non debbano essere considerati meri indirizzi telematici, ma alla stre- gua di segni distintivi: “con qualche affinità con la figura dell’insegna, in quanto il sito stesso configu- ra il luogo (virtuale) ove l’imprenditore contatta il cliente fino a concludere con esso il contrat- to” (19). Da ciò consegue il divieto di adottare co- me dominio un segno uguale o simile ad un mar- chio altrui, se a causa dell’identità o dell’affinità tra l’attività d’impresa dei titolari del dominio ed i prodotti o servizi per quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può anche consistere in un rischio di associazione fra i due segni. Eventuali particelle ag- giuntive (.it, .net, .com, ecc.) sono state ritenute prive di attitudine distintiva, “essendo relative alla mera localizzazione geografica propria dell’elabora- tore cui il sito appartiene” o comunque troppo ge- neriche (20).

Il tribunale di Milano (21) ha stabilito che non è possibile registrare una parola di uso comune come marchio a meno che non venga rielaborata grafica- mente, ma è possibile registrare un dominio che consista anche in una parola di uso comune qualo- ra questa sia associata a un marchio (22).

Per quanto riguarda la confondibilità di un domi- nio internet, il Centro Risoluzione Dispute Domini (CRDD) tutela i soggetti vittime del cybersquat- ting (23).

Un caso interessante è quello di IMPREBANCA

S.p.a. (24), relativo a una banca che il giorno suc- cessivo alla presentazione dell’attività a Roma, alla presenza di politici e giornalisti, si vede registrare da un’agenzia pubblicitaria il dominio “impreban- ca.it”. Il CRDD ha dato ragione alla banca e pro-

ceduto alla riassegnazione dello stesso.

Bisogna sottolineare che la procedura di riassegna- zione del dominio non ha natura giurisdizionale, e come tale non preclude alle parti il ricorso, anche successivo, alla magistratura o all’arbitrato.

Il ricorrente può in alcuni casi rifarsi anche sull’in- ternet provider che ha provveduto a registrare il do- minio omonimo, in quanto secondo una parte del- la giurisprudenza è complice. Il danneggiato cerca spesso di rivalersi non solo sul titolare del dominio, che molto spesso non è in grado di risarcire il dan- no, ma anche sull’internet provider che generalmen- te ha capienza.

Un caso noto è quello della società editrice Com- pact che registrava tramite il provider Consulting- web i domini (www.intesabci.it, www.wwwintesa.it, www.wwwcariplo.it, www.wwwbci.it) per l’apertura di siti a pagamento poi ospitati sul server del provi- der stesso. Banca Intesa S.p.A., dopo aver ottenuto in sede cautelare i richiesti provvedimenti di inibi- toria e sequestro, iniziava il giudizio di merito ci- tando innanzi al Tribunale di Napoli la Compact Italia ed il provider.

La banca attrice deduceva di essere titolare di mar- chi, nonché di nomi a dominio, identici e simili ai nomi a dominio registrati dalla società convenuta e, nel merito, chiedeva al Tribunale adito di accer- tare che l’utilizzo delle denominazioni “Intesa”, “Intesabci”, “Cariplo” e “Bci” come nome a domi- nio, marchio o altro segno distintivo costituiva contraffazione dei marchi oltre che illecito concor- renziale, di inibire a controparte qualsiasi utilizzo di tali denominazioni, di condannare in solido i convenuti al risarcimento dei danni. Il Tribunale di Napoli accoglieva integralmente le domande at- toree, accertando la contraffazione dei marchi della banca, qualificati di rinomanza, e condannando, con pronunzia generica, i convenuti in via solidale al risarcimento dei danni (25).

Il Tribunale di Milano (26) in una sentenza relati- va al domain grabbing rileva quanto segue:

“la pratica confusoria illecita nota come domain grabbing consiste nella registrazione, presso la Naming Authority, del marchio altrui come nome a dominio, al solo fine di appropriarsi della notorietà del segno, costituisce in sé e per sé atto di contraf- fazione – censurabile ai sensi degli art. 22 c.p.i. – anche in quanto attività idonea a precludere al ti- tolare dei marchio l’utilizzo in internet come ulte- riore segno distintivo. La circostanza che il sogget- to registrante il nome a dominio sia stato licenzia- tario relativamente ai diritti di utilizzo del marchio non esclude la contraffazione essendo cessato ogni diritto in merito. L’utilizzo del marchio altrui come nome a dominio deve essere, pertanto, inibito e deve essere, inoltre, disposto il trasferimento del nome a dominio indebitamente utilizzati al legitti- mo titolare del diritto di marchio, la cui concreta esecuzione dovrà essere attuata – ai sensi dell’art. 118, comma 6 c.p.i. – per impulso dell’avente dirit- to nei confronti dell’autorità competente per la re- gistrazione dei nomi a dominio. Il danno patrimo- niale subito dal legittimo titolare – in assenza di criteri di quantificazione verificabili – a causa del- l’indebito utilizzo del nome a dominio deve essere liquidato  in  via  equitativa”.

 

I principi contabili

 

L’utilizzo di dati e informazioni contabili, desumi- bili in parte dai bilanci e più analiticamente da schede e partitari contabili, rappresenta una prezio- sa fonte informativa ai fini della valutazione eco- nomica dei danni.

Nell’ambito dei principi contabili, rileva il SIC 32

  • Attività immateriali – Costi connessi a siti web (27) (da aggiornare, con i nuovi principi con- tabili internazionali IFRS), in base al quale “le im- prese potrebbero sostenere costi interni per lo svi- luppo e il funzionamento del proprio sito web sia per l’utilizzo interno che estern Un sito web pro- gettato per uso esterno potrebbe essere utilizzato per vari fini quali la promozione e la pubblicità dei prodotti e dei servizi dell’impresa, la fornitura di servizi elettronici e la vendita di prodotti e servizi. Un sito web progettato per l’utilizzo interno po- trebbe essere utilizzato per archiviarvi le politiche societarie e i dettagli dei clienti nonché per cercare importanti informazioni”.

Il SIC 32 rileva anche che le fasi dello sviluppo di un sito web possono essere descritte come segue:

  • Pianificazione – include l’effettuazione di studi di fattibilità; la definizione delle finalità e delle ca-

ratteristiche tecniche, la valutazione di più alterna- tive proposte e la scelta delle soluzioni ritenute mi- gliori.

  • Sviluppo degli aspetti applicativi e infrastruttu- rali – comprende l’ottenimento di un dominio, l’ac-

quisto e lo sviluppo di un hardware e di un software

operativo, l’installazione di applicazioni sviluppate e di verifiche sotto sollecitazione.

  • Sviluppo del design grafico – comprende la pro- gettazione dell’aspetto grafico delle pagine
  • Sviluppo del contenuto – comprende la creazio- ne, l’acquisto, la preparazione e il caricamento del- le informazioni, sia che esse siano di testi o di na- tura grafica, sul sito web prima del completamento dello sviluppo del sito web medesimo. L’informa- zione può essere immagazzinata in distinti database che risultino integrati nel (o accessibili dal) sito web o codificati direttamente nelle pagine web.

Una volta che lo sviluppo di un sito web è stato completato, inizia la fase operativa, durante la qua-

le un’impresa mantiene e migliora le applicazioni,

l’infrastruttura, il design grafico e il contenuto del sito web.

Nella contabilizzazione dei costi interni sostenuti per lo sviluppo e l’esecuzione del sito web dell’im- presa per un utilizzo interno o esterno, i problemi consistono nel determinare:

  • se il sito web è un’attività immateriale generata internamente che è soggetta alle disposizioni dello IAS 38; e
  • il corretto trattamento contabile per tali Il riferimento ai siti web rileva, in via analogico – estensiva, in assenza di principi ad hoc relativi ai domini.

Lo IAS 38 statuisce i criteri di contabilizzazione e l’informativa di bilancio relativi alle attività imma-

teriali (28) che non sono specificatamente trattate

da altri principi contabili internazionali.

Il sito web di un’impresa originato dallo sviluppo e destinato all’utilizzo interno o esterno costituisce un’attività immateriale generata internamente, soggetta alle disposizioni dello IAS 38.

Qualsiasi spesa interna legata allo sviluppo e al funzionamento del sito web, deve essere contabiliz- zata in conformità con lo IAS 38. La natura di cia- scuna attività per la quale la spesa è sostenuta (per esempio la formazione dei dipendenti e la manu- tenzione del sito web) e la fase di sviluppo o suc- cessiva allo sviluppo del sito web devono essere valutate per determinare il trattamento contabile più appropriato.

 

Valutazione dei beni immateriali e stima dei domini

 

Il dominio internet può essere talora oggetto di va- lutazione autonoma ovvero – più spesso – associata al sito web che ne ospita i contenuti. Dominio e si- to costituiscono, nei fatti, un binomio difficilmente scindibile, che impatta sul valore del marchio tra- dizionalmente associato al dominio.

Dominio, sito e marchio non sono quindi beni im- materiali del tutto interdipendenti: al dominio non

è  necessariamente  associato  un  marchio  (mentre

un marchio ben difficilmente può prescindere da una visibilità anche sul web, essendo quindi asso-

ciabile a un dominio e a un sito); il dominio senza sito è una sorta di guscio vuoto (caratterizzato da

un valore potenziale, in quanto “riempibile”); il si- to trova nel dominio un imprescindibile canale di

indirizzamento.

La valutazione combinata (dominio + sito + mar- chio) è peraltro un’operazione tipica di un portafo-

glio di intangibili, che ha diverse analogie (mar-

chio + brevetto + etc.).

La valutazione integrata del dominio con il mar- chio deve considerare anche il logo, che del mar-

chio caratterizza l’emblema grafico; ciò soprattutto

se il dominio è associato ad un’App (per smartphone

o tablet), che agevola l’indirizzamento verso un si- to, a sua volta localizzato tramite il dominio.

Il site naming è basato su strategie di marketing sem-

pre più sofisticate, anche a causa del sovraffolla- mento dei domini, che può essere in parte risolto

ricorrendo a diversi top level domains.

Meno pertinenti e immediati sono i riferimento al

software, che regola il funzionamento dei domini senza peraltro influenzare più di tanto la valutazio-

ne.

Ciò premesso, la valutazione del dominio può esse- re effettuata utilizzando una combinazione di tre

tradizionali metodologie di valutazione dei beni

immateriali, utilizzate ad esempio nella stima dei marchi (29):

  • il metodo reddituale (30) (income approach) per valutare i siti internet e i domini ad essi associati è

forse il più utilizzato e consiste nel calcolare il va-

lore attuale dei futuri profitti attribuiti al sito inter- net utilizzando i flussi reddituali ovvero finanziari (discounted cash flow), che consiste nell’attualizza- zione dei flussi, opportunamente scontati anno per anno. Si basa, alternativamente:

  1. sull’attualizzazione dei redditi o dei flussi di cassa che derivano dallo sfruttamento della risorsa im- materiale;
  2. sull’attualizzazione delle royalties presunte che

l’impresa pagherebbe se la risorsa immateriale non fosse di proprietà;

  1. sull’attualizzazione dei redditi o dei flussi di cassa

differenziali (incrementali), che si basa sulla quan- tificazione e attualizzazione dei benefici attesi, ri- spetto a situazioni che non prevedano la presenza dell’intangibile  considerato (31);

  • il metodo di mercato (market approach) per valu- tare un sito consiste nel considerare le transazioni di valore simile, e le differenze sono rettificate uti-

lizzando i multipli come parametro di confronto per le valutazioni (32). Il valore di domini simili è considerato come termine di paragone per la stima;

  • il metodo del costo (cost approach) considera il costo per registrare il dominio e i costi connessi:

l’hosting, il costo per la costruzione del sito, per la creazione del contenuto del sito internet. Si consi- dera inoltre a quanto ammonterebbe il costo ri- chiesto per ricreare ex novo un dominio simile, va- lutando i costi di ricostruzione e rimpiazzo, esigui

in termini di registrazione ma potenzialmente rile- vanti se i domini ricercati dovessero già essere uti- lizzati.

Tutte e tre le metodologie possono essere utilizzate, in via alternativa o complementare, per stimare il

valore del dominio. Servono inoltre conoscenze specifiche per stimare gli elementi che generano valore nel sito internet connesso al dominio, quali ad esempio il volume di traffico, i tassi di conver- sione, la rarità del nome del dominio, il ranking del

sito e il mercato o il settore merceologico.

Come si vedrà meglio infra nel par. 5.1., le royalties presunte (33) sono stimate anche in funzione dei redditi (o dei flussi di cassa) incrementali che deri- vano dallo sfruttamento della risorsa immateriale e

che interagiscono anche con il plusvalore di mer- cato o i moltiplicatori di società comparabili; il pa- trimonio incrementale deriva da un accumulo negli anni del reddito differenziale generato dallo sfruttamento del dominio; i costi di riproduzione stimano i benefici futuri e la stima autonoma del- l’avviamento differenziale, basato sulla media tra metodi patrimoniali e reddituali.

Una volta individuata la metodologia più appro- priata, bisogna declinarne i contenuti, applicando i principi generali alla specifica valutazione dei do- mini. La valutazione economica può orientare la stima equitativa del danno.

Tra i parametri che vengono tenuti in considera- zione per la valutazione di un dominio, rilevano:

  • il nome del dominio;
  • l’importo lordo guadagnato mensilmente;
  • le spese in pubblicità e hosting;
  • il numero di mesi durante i quali il sito ha pro- dotto un guadagno simile a quello attuale;
  • la tipologia del sito (sito web statico o dinamico, sito di e-commerce, sito web flash, portale web, blog (34));
  • il numero di visitatori unici (35);
  • il numero di pagine viste per mese;
  • il numero di membri che si sono registrati sul si- to;
  • il volume e l’unicità dei

 

Domain name licensing e royalties (presunte)

Il domain name licensing è una pratica, frequente negli Stati Uniti, che consiste nel concedere in li- cenza domini registrati e non utilizzati. L’analisi degli accordi di licenza può fornire utili indicazioni sul valore dei domini, da utilizzare in via comple- mentare con altre metodologie di valutazione.

Un metodo empirico agevolmente applicabile si basa sulla determinazione delle “royalties presunte” che il titolare del dominio avrebbe richiesto per autorizzare terzi allo sfruttamento dello stesso (si parla anche di metodo del “prezzo di consenso”). Il relief-from-royalties method è particolarmente indi- cato laddove si voglia arrivare alla determinazione di un valore di scambio del dominio.

Il presumibile valore di mercato del dominio è sti- mabile come somma attualizzata delle royalties (36) presunte (che l’impresa pagherebbe come licenzia- taria se il dominio non fosse di sua proprietà) at- tualizzate, in un orizzonte temporale tendenzial- mente di almeno 3 – 5 anni e comunque non supe- riore alla sua scadenza.

Il concetto di reasonable royalty può assumere rilie- vo anche in ambito contenzioso, nella quantifica- zione del danno per illecito utilizzo del dominio.

In sede nazionale, e in attuazione ai principi gene- rali da ultimo rivisti d all ’ OCSE nel l uglio 2010 (37), rileva la (datata, ma tuttora valida) cir- colare ministeriale del 22 settembre 1980, n. 9/2267 (“Prezzo di trasferimento e valore normale nella determinazione dei redditi di imprese assog- gettate a controllo estero”). La circolare si occupa di cessioni di beni immateriali nel cap. V.

Queste fonti normative e interpretative tendono a identificare i criteri guida per stabilire quale debba essere il “valore normale” nelle operazioni, facendo riferimento al criterio generale di prezzi determina- ti in regime di libera concorrenza e quindi rispon- denti a una corretta logica economica. La predetta circolare ministeriale indica come canoni congrui percentuali fino al 5% del fatturato.

Tale percentuale può oscillare tra valori minimi e massimi e si deve far riferimento anche al tipo di mercato in cui opera l’impresa. In casi eccezionali, relativi a domini celebri, soprattutto nell’ambito di particolari settori merceologici, le percentuali pos- sono anche essere più elevate.

Le royalties possono essere applicate anche in caso di domain parking, da parte del proprietario del do- minio che si limita a registrare il nome, senza asso- ciarlo ad un sito o a indirizzi e-mail, al solo fine di poterlo locare a terzi utilizzatori.

 

I parametri empirici di valutazione

 

Il valore strategico di un dominio particolarmente appetibile può condurre a prezzi negoziati partico- larmente elevati e ben superiori al suo ipotetico

 

 

 

  • A seconda dell’utilizzo richiesto esistono vari tipi di siti internet: i siti statici sono sempre uguali e presentano pagine di sola lettura, i siti web dinamici hanno interazione tra sito e utente; i siti di e-commerce sono siti dinamici e servono per vendere dei prodotti; i siti web flash sono siti che contengono animazioni grafiche, i portali web sono siti molto grandi che comprendono vari tipi di documenti, informazioni e video; i blog sono una sorta di diario in ordine cronologico che permet- te di leggere articoli pubblicati dall’autore.
  • Identificati dalla somma di tutti i cookies persistenti uni- voci contati nel periodo di
  • Il concetto di royalty (canone), che etimologicamente

deriva dalla “rendita sovrana”, è generico e può meglio essere specificato – come tipicamente si fa nei contratti di licenza – in- dividuandone la natura esclusiva o meno, le categorie merceo- logiche e il territorio di applicazione, la durata, la possibilità o meno di sub-licenziare e altre caratteristiche. Sotto il profilo economico, rileva anche l’analisi del mercato effettivo e poten- ziale di riferimento, l’impegno a sviluppare e sostenere l’intan- gible con adeguati investimenti, la profittabilità attuale e po- tenziale del prodotto, etc.

 

 

 

 

valore intrinseco (38), soprattutto se tale dominio costituisce la “porta d’ingresso” per accedere ad un sito strategicamente rilevante.

Per analizzare il valore di un sito legato ad un dominio, in una situazione “normale” si utilizzano di- versi parametri, basati su personalizzazioni e decli- nazioni dei metodi generali sopra descritti.

Per avere una valutazione si può ricorrere a siti in- ternet specializzati (39) che fanno in tempo reale

una stima grossolana (“quick and dirt”) del sito, che può essere usata come base orientativa di partenza per più approfondite valutazioni.

Queste valutazioni indicative rappresentano non

tanto dei metodi di valutazione, quanto piuttosto strumenti utilizzabili per fare dei confronti con siti simili in termini di numero di visite o nicchia di mercato.

I parametri da tenere in considerazione sono desu-

mibili, ad esempio, dalle seguenti fonti:

  • DMOZ (40), classificatore tematico di siti web;
  • il ranking Alexa (41);
  • il page rank di Google o di Yahoo;
  • Quantcast (42), che misura il traffico di molti siti web;
  • Compete (43), che analizza il traffico web.

Esistono inoltre vari metodi di valutazione di siti

internet che sono stati brevettati e sono posseduti da Google. Ad esempio il metodo di “web site va-

luation” di Glassman e Arvelo (44) consente di va- lutare automaticamente un intero sito internet, ba- sandosi su una serie di variabili (45).

Un’altra applicazione rilevante consiste in un algo- ritmo che valuta il dominio (Domain appraisal algo- rithm) analizzandone il nome (46). Il processo è di- viso in diversi passaggi:

  1. una precisa valutazione delle parole chiave, lun-

ghezza e ricerca nel dizionario;

  1. una ricerca sulla popolarità della parola utiliz- zando dei database;
  2. un controllo sulla presenza nei ranking e l’età del dominio;
  3. una valutazione dei caratteri usati nomi verbi vocali consonanti;
  4. il pay per click (PPC) e la valutazione del ritorno

Per arrivare a una più compiuta valutazione di un

dominio, si possono considerare ulteriori parametri ed elementi. Ci si può anzitutto basare su una check-list in cui ci si pongono domande in merito al ricavo attuale del sito, al valore del settore mer- ceologico di riferimento (È un settore rischioso o stabile? Le grandi aziende stanno puntando su que- sta nicchia di mercato?), ovvero alle parole chiave presenti nel sito, che ne agevolano l’indicizzazione. Ci si deve anche chiedere se il dominio può essere utilizzato anche per altre categorie merceologiche.

I domini internet hanno un valore intrinseco, di- mostrato dal fatto che esistono delle vere e proprie case d’aste virtuali di siti internet (47). Il puro nome a dominio spesso ha un valore intrinseco limi- tato, se non associato tramite il relativo sito inter-

net a un prodotto noto o a un servizio reso indirizzandosi su quel determinato dominio.

I domini con valore elevato sono quelli corti (per-

ché facilmente memorizzabili), quelli contenenti keywords (parole chiave), preferibilmente legate al- l’attività e facilmente reperibili con l’indicizzazione basata su motori di ricerca e quelli con un “passato SEO” di buon livello.

La scelta di un dominio (IP domain check) può esse- re effettuata anche visitando preliminarmente siti ad hoc per aste di domini (48), registrando con tempestività quello selezionato ovvero selezionando un dominio in scadenza o messo all’asta. Anche dai  prezzi d’asta possono essere desunte informazio- ni di mercato sul valore dei domini.

 

L’indicizzazione dei motori di ricerca

La promozione di un sito web e del relativo domi- nio sui motori di ricerca è effettuata sia con la Search Engine Optimization (SEO) (49) sia con il Search Engine Marketing (SEM) (50).

La Search Engine Optimization comprende tutte le attività messe in atto allo scopo di migliorare il po- sizionamento delle pagine di un sito web sulle pagi- ne dei risultati dei motori di ricerca, in corrispon- denza di parole chiave ritenute più strategiche.

Il Search Engine Marketing indica l’insieme delle at- tività di web marketing svolte per incrementare la visibilità di un sito sui motori di ricerca e per gesti- re le campagne Pay-per-Click (51).

siti internet in particolare Google, per calcolare il page rank (52) tengono in considerazione nel loro algoritmo per la ricerca delle pagine:

  • il numero di pagine note;
  • il numero di pagine che contengono un link verso il sito;
  • l’importanza delle pagine che contengono il

link (53).

Ogni metodo di valutazione di siti e domini web tiene in considerazione il page rank di un sito inter- net, ma analizza anche altre variabili per analizzare il motivo per cui un sito si trova in alto nel ranking dei motori di ricerca. Molti siti internet vengono messi ai primi posti a pagamento.

La valutazione dipende anche dalle visite (54) che il sito riceve.

 

L’impatto della pubblicità online sul valore

Analizzando nello specifico la pubblicità online, si deve fare riferimento al metodo di calcolo del co- sto della pubblicità sui siti internet. I modelli prin- cipali con cui la pubblicità online viene pagata e venduta sono (55):

  • «Cost Per Thousand» (CPT) (56),
  • «Cost Per Click», (CPC) (57),
  • «Cost Per Visitor» (CPV) (58),
  • «Cost Per View» (CPV) (59),
  • «Cost Per Action» (CPA) (60),

È quindi essenziale, per valutare un dominio, capi- re qual è la sua redditività in termini di ritorni pubblicitari, perché essi permettono di generare dei flussi di cassa legati al numero dei visitatori e al loro apprezzamento dei contenuti del sito colle- gato. In questi casi, viene posta attenzione a non considerare eccessivamente questi elementi perché non tengono in considerazione tutti gli aspetti le- gati al valore di un dominio, alla notorietà, al mar- chio, etc.

 

Domini e social networks

I principali social networks, che possono incidere in maniera rilevante sulla valutazione, incrementando il valore “virale” dei domini e agevolandone la dif- fusione a livelli anche esponenziali, sono attual- mente (61) Facebook, Twitter, My space, Google plus, Linkedin.

 

Attraverso il web marketing, si possono porre in es- sere strategie evolute di:

  • benchmarking online (62);
  • online branding (63);
  • e-commerce (64);
  • e-learning (65);
  • online customer support (66).
  • studio degli scenari di
  • L’incremento della notorietà nella marca tramite l’utiliz- zo di

 

  • La vendita online di prodotti sia B2B sia
  • La formazione online del
  • L’assistenza clienti online.

 

autore: Roberto Moro Visconti – Docente di Finanza Aziendale nell’Università Cattolica di Milano – Dottore commercialista

Articolo tratto da “IL Diritto Industriale”, 1/15, 2015

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