Uncategorized / 5 Maggio 2015 / by Vincenzo Vinciguerra

L’uso come marchio di una parola straniera

Secondo il Tribunale di Roma (sentenza n.4314/2014) I. Il ricorso ad un termine di lingua inglese, già dotato in tale lingua di una propria valenza semantica, non osta a che lo stesso possa assolvere alla funzione distintiva di prodotti o servizi, laddove non si tratta di un termine divenuto d’uso generale ovvero meramente descrittivo dei prodotti o servizi contraddistinti.

In applicazione del principio espresso dalla massima il Tribunale ha ritenuto dotati di capacità distintiva i marchi costituiti o in via esclusiva o come cuore del marchio dalla parola “gorgeous”.

 

Anche un termine divenuto d’uso comune può costituire un valido marchio quando il suo significato non
presenta alcun collegamento con la denominazione generica del prodotto o del servizio che deve contraddistinguere e/o con le indicazioni descrittive che a questi possono essere riferite.

 

La comparazione tra due segni in conflitto va condotta in via unitaria e sintetica, mediante l’apprezzamento
complessivo che tiene conto di tutti gli elementi salienti (grafici, fonetici e visivi) e secondo la percezione
del pubblico di riferimento. In ogni caso, la valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in linea di considerazione e, in particolare, la somiglianza dei marchi
con quella dei prodotti e dei servizi designati, per cui la non perfetta coincidenza dei segni distintivi è compensata dall’elevato grado di affinità dei servizi cui gli stessi fanno riferimento.

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L’uso come marchio di una parola straniera

Secondo il Tribunale di Roma (sentenza n.4314/2014) I. Il ricorso ad un termine di lingua inglese, già dotato in tale lingua di una propria valenza semantica, non osta a che lo stesso possa assolvere alla funzione distintiva di prodotti o servizi, laddove non si tratta di un termine divenuto d’uso generale ovvero meramente descrittivo dei prodotti o servizi contraddistinti.

In applicazione del principio espresso dalla massima il Tribunale ha ritenuto dotati di capacità distintiva i marchi costituiti o in via esclusiva o come cuore del marchio dalla parola “gorgeous”.

 

Anche un termine divenuto d’uso comune può costituire un valido marchio quando il suo significato non
presenta alcun collegamento con la denominazione generica del prodotto o del servizio che deve contraddistinguere e/o con le indicazioni descrittive che a questi possono essere riferite.

 

La comparazione tra due segni in conflitto va condotta in via unitaria e sintetica, mediante l’apprezzamento
complessivo che tiene conto di tutti gli elementi salienti (grafici, fonetici e visivi) e secondo la percezione
del pubblico di riferimento. In ogni caso, la valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in linea di considerazione e, in particolare, la somiglianza dei marchi
con quella dei prodotti e dei servizi designati, per cui la non perfetta coincidenza dei segni distintivi è compensata dall’elevato grado di affinità dei servizi cui gli stessi fanno riferimento.

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