Impresa – Concorrenza sleale per denigrazione – Divulgazione di notizie riguardanti l’attività dell’impresa concorrente – Diritto di critica – Limiti.
Ai fini della configurabilità della concorrenza sleale per denigrazione, le notizie e gli apprezzamenti diffusi tra il pubblico non debbono necessariamente riguardare i prodotti dell’impresa concorrente ma possono avere a oggetto anche circostanze od opinioni inerenti in generale l’attività di quest’ultima, la sua organizzazione o il modo di agire dell’imprenditore nell’ambito professionale, la cui conoscenza da parte dei terzi risulti comunque idonea a ripercuotersi negativamente sulla considerazione di cui l’impresa gode presso i consumatori, dovendosi apprezzare, ai fini della potenzialità lesiva delle denigrazioni, l’effettiva diffusione tra un numero indeterminato (o una pluralità) di persone e il contenuto diffamatorio degli apprezzamenti stessi. Il diritto di critica può anche configurarsi quale strumento di lotta commerciale, ma il suo ambito di applicazione si restringe in funzione dell‘articolo 2598 c.c., che al n. 2 qualifica come atti di concorrenza sleale, quindi illeciti, la diffusione di notizie e apprezzamenti sull’attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito. La critica alla quale appartiene, in senso lato, anche la pubblicità commerciale, esercitata da un’impresa nei confronti di un’altra ha quale obiettivo un fine privato, quello di fare risaltare la bontà dei propri prodotti, anche a scapito di quelli altrui, e di promuovere comportamenti e modelli da imitare nell’attività quotidiana, ma non può mai trascendere in atti di concorrenza sleale.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 31 ottobre 2016 n. 22042
Impresa – Concorrenza sleale per denigrazione – Divulgazione di notizie riguardanti l’attività dell’impresa concorrente – Diritto di critica – Pericolo di danno concorrenziale – Distinzione tra opera artistica e letteraria e opera di tipo giornalistico e saggistico – Fattispecie.
L’illecito concorrenziale di cui all‘articolo 2598 c.c. (anche con riguardo all’ipotesi di cui al n. 2) non si perfeziona necessariamente attraverso la produzione di un pregiudizio attuale al patrimonio del soggetto concorrente, essendo sufficiente anche il pericolo di un danno concorrenziale, inteso come difficoltà di mercato potenzialmente arrecata all’altrui impresa, sia dal lato della clientela (per la possibile perdita di essa, nonché dei fornitori e finanziatori), sia dal lato dell’organizzazione aziendale (per la sfiducia dei dipendenti), essendo sufficiente l’idoneità della condotta di un concorrente ad arrecare pregiudizio all’altro, pur in assenza di un danno attuale. La reazione difensiva non può realizzarsi mediante atti denigratori, quali sarebbero quelli consistenti nella comunicazione di notizie false, essendo compito del giudice di merito verificare la verità dei fatti comunicati da chi invoca la legittima difesa. (Nel caso di specie, la Suprema corte cassa con rinvio la decisione della corte d’appello di Milano accogliendo numerosi motivi avanzati da un imprenditore, che aveva ravvisato nella condotta di controparte concorrenza sleale per denigrazione, scorrettezza professionale e pubblicità ingannevole, in relazione a un libro, edito, distribuito e supportato da una campagna mediatica importante, che era stato qualificato, anche nella prefazione e nell’appendice, come opera artistica e letteraria anziché con il maggiore rigore con cui sono valutate le opere di tipo giornalistico e saggistico, per il suo contenuto sostanzialmente informativo, unito a quello di denuncia e di sensibilizzazione, e valutato in termini di mera verosimiglianza dei fatti narrati e di continenza, tenuto conto del carattere duraturo del mezzo divulgativo utilizzato – un libro – rispetto a un quotidiano).
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 31 ottobre 2016 n. 22042
Impresa – Concorrenza sleale per denigrazione – Divulgazione di fatti veri nei confronti dell’impresa concorrente – Esimente del diritto di critica – Esimente della legittima difesa.
Sotto i profili della diffamazione e della concorrenza sleale per denigrazione, l’esimente dell’esercizio del diritto di critica e della libera manifestazione del pensiero, a norma degli articoli 21e9 Cost. e articolo 51 c.p., ha carattere prevalente su un’attività astrattamente diffamatoria e anticoncorrenziale, e può coesistere altresì con l’esimente della legittima difesa invocata dalla controparte per le offese formulate dalla ricorrente.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 31 ottobre 2016 n. 22041
Impresa – Concorrenza sleale per denigrazione – Diffusione di notizie vere di contenuto tale da determinare il discredito di un imprenditore concorrente – Illecito concorrenziale – Configurabilità – Limiti e condizioni – Fondamento.
In tema di concorrenza sleale, deve considerarsi lecita, dal punto di vista concorrenziale, la diffusione di notizie vere anche se di contenuto tale da poter obiettivamente determinare il discredito di un imprenditore concorrente. Tale conclusione trova un supporto normativo nel disposto dell’articolo 10-bis della Convenzione di Unione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, norma che considera illecite le «asserzioni false nell’esercizio del commercio». Se la disciplina della concorrenza sleale ha quale obiettivo quello di contribuire alla realizzazione di un effettivo mercato concorrenziale, nel quale il consumatore possa muoversi in modo consapevole e informato, è chiaro che le informazioni veritiere non possono considerarsi illecite. Ne consegue che, in presenza di notizie e apprezzamenti veritieri sui prodotti e sull’attività del concorrente, un illecito concorrenziale, a norma dell’articolo 2598, n. 2, c.c., è ravvisabile solo quando e negli stretti limiti in cui siano contestualmente formulate vere e proprie invettive e offese del tutto gratuite nei confronti del concorrente, che traggano cioè mero spunto o pretesto nella diffusione delle notizie veritiere.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 31 ottobre 2016 n. 22040
Impresa – Concorrenza sleale – Onere della prova a carico dell’attore – Sussistenza degli elementi materiali del fatto – Elemento soggettivo – Presunzione – Conseguenze – Prova del danno – Necessità – Danno “in re ipsa” – Esclusione.
L’accertamento di concreti fatti materiali di concorrenza sleale comporta una presunzione di colpa, ex articolo 2600 c.c., che onera l’autore degli stessi della dimostrazione dell’assenza dell’elemento soggettivo ai fini dell’esclusione della sua responsabilità; il corrispondente danno cagionato, invece, non è “in re ipsa” ma, quale conseguenza diversa e ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della concorrenza, necessita di prova secondo i principi generali che regolano il risarcimento da fatto illecito, sicché solo la dimostrazione della sua esistenza consente l’utilizzo del criterio equitativo per la relativa liquidazione.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 31 ottobre 2016 n. 22034
Impresa – Concorrenza sleale – Atti di concorrenza – Concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui – Nozione.
La concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui non consiste nell’adozione, sia pur parassitaria, di tecniche materiali o procedimenti già usati da altra impresa (che può dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile), ma ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie o equivalenti, attribuisce ai propri prodotti o alla propria impresa pregi, quali per esempio medaglie, riconoscimenti, qualità indicazioni, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti o all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori.
•Corte di cassazione, sezione VII, ordinanza 7 gennaio 2016 n. 100
Impresa – Concorrenza sleale – Presupposto soggettivo – Rapporto di concorrenzialità – Estensione della responsabilità al terzo interposto – Configurabilità – Collegamento con il concorrente avvantaggiato – Necessità.
Il principio secondo cui la concorrenza sleale costituisce una fattispecie tipicamente riconducibile ai soggetti del mercato in concorrenza, pur escludendone la configurabilità in mancanza del presupposto oggettivo rappresentato dal cosiddetto rapporto di concorrenzialità, non impedisce nel ravvisare l’illecito in questione anche nel caso in cui l’atto lesivo del diritto del concorrente venga posto in essere da un soggetto – cosiddetto terzo interposto – che, pur non essendo egli stesso in possesso dei necessari requisiti soggettivi, ovverosia della qualità di concorrente danneggiato, si trovi con il soggetto avvantaggiato in una particolare relazione, tale da far ritenere che l’atto sia stato oggettivamente compiuto nell’interesse di quest’ultimo capitali.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 22 settembre 2015 n. 18691
Impresa – Concorrenza sleale – Per denigrazione – Configurabilità – Presupposti – Individuazione.
Ai fini della configurabilità della concorrenza sleale per denigrazione, non è necessario che le notizie e gli apprezzamenti diffusi tra il pubblico riguardino specificamente i prodotti dell’impresa concorrente, potendo gli stessi avere a oggetto anche circostanze od opinioni inerenti più in generale all’attività di quest’ultima, e quindi anche alla sua organizzazione o al modo di agire dell’imprenditore nell’ambito professionale – con esclusione, quindi, della sua sfera strettamente personale e privata – la cui conoscenza da parte dei terzi risulti comunque idonea a ripercuotersi negativamente sulla considerazione di cui l’impresa gode presso i consumatori.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 22 settembre 2015 n. 18691
fonte http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2016-12-06/i-confini-divulgazione-notizie-denigranti-concorrente-e-tutela-diritto-critica-132203.php?uuid=ADD7Fa8B